I molti perché di Google Chrome OS

I molti perché di Google Chrome OS

Si affollano le speculazioni e i chiarimenti. La discussione è sfaccettata: investe Android e Microsoft, Eric Schmidt e Apple
Si affollano le speculazioni e i chiarimenti. La discussione è sfaccettata: investe Android e Microsoft, Eric Schmidt e Apple

A distanza di pochi giorni dall’annuncio ufficiale di Mountain View, il chiacchiericcio intorno a Chrome OS non accenna a placarsi. La “bomba mediatica” di Google ha scatenato un susseguirsi di speculazioni, ipotesi, analisi, dichiarazioni e prese di posizione tese a spiegare perché mai una società che fa soldi con l’advertising debba uscirsene con un “nuovo” sistema operativo (che è comunque basato sul “vecchio” e rodatissimo kernel Linux), perché la minaccia diretta a Microsoft in realtà non sembri sussistere e perché la gestione contemporanea di due OS, Chrome da una parte e Android dall’altra, non sia affatto un problema.

Tanto per cominciare a seguito della bomba di Google arriva una prima reazione da parte di Microsoft, che per bocca del vice-presidente Walid Abu-Hadba liquida Chrome OS come un tentativo di alzare gli scudi contro i competitor piuttosto che altro. “Molto di quello che Google fa lo fa per difendersi”, ha detto Abu-Hadba, che ritiene che in sostanza Chrome OS abbia l’unico obiettivo di tenere Redmond impegnata e fuori dalla ricerca online, un settore sempre più rilevante in casa Microsoft da quando si è deciso di aumentare gli investimenti e gli sforzi nel settore con Bing .

Concorrenza? Innovazione? Cloud computing realizzato? Niente di tutto ciò: per Microsoft Chrome OS è un diversivo, uno specchietto per le allodole e un tentativo del Googleplex di mantenere il dominio sul search e l’advertising. Ma stando a quanto dichiarato dalla coppia Schmidt-Page (versione temporaneamente ridotta del triumvirato del G-comando Page-Brin-Schmidt) in una lunga conferenza stampa, la volontà di lanciare prima un browser tutto proprio e poi un sistema operativo circola ai piani alti di Google da anni , e sarebbe stato proprio il CEO Eric Schmidt a rimandare l’iniziativa vista la sua precedente esperienza negli anni burrascosi della bolla speculativa della new economy.

Altro che specchietto per le allodole o diversivo, quelli di Google pensavano a Chrome prima ancora che qualcuno inventasse termini oggi iper-abusati come web 2-3.0, social networking e cloud computing. A quanto pare Schmidt ha infine cambiato idea quando ha visto all’opera una demo di Chrome (il browser) realizzata da alcuni sviluppatori di Firefox, e a quel punto l’idea dell’anti-sistema operativo di Page, un OS che si limita a starsene dietro le quinte invece di prendersi tutta la scena sarebbe debordata.

Schmidt e Page colgono poi l’occasione per dire che, al contrario di quanto comunicato in questi giorni dall’intero web, siti di news istituzionali e blog personali, Chrome OS non è un attacco frontale a Microsoft Windows essendo il nuovo sistema destinato a espandere il mercato dei netbook piuttosto che a fagocitare lo share di Redmond sui suddetti. “Microsoft è benvenuta nel convertire Internet Explorer sul nostro sistema operativa”, dice Schmidt, sostenendo che anche se la cosa è improbabile Google non potrebbe comunque impedirlo visto che Chrome OS sarà open source.

Il web e la stampa non avrebbero saputo interpretare Chrome, la sua natura di “alternativa” snella e veloce ai sistemi operativi monolitici che va a integrare un tipo di esperienza completamente diversa piuttosto che a sostituirla del tutto. Non avrebbero riconosciuto i presupposti da cui nasce Chrome OS e non avrebbero compreso dove Google voglia andare a parare quando parla di un sistema ideale per chi passa una parte non trascurabile del proprio tempo online.

Il cloud computing di Chrome OS, da quelle poche informazioni finora fornite in via ufficiale da Mountain View, sarebbe dipendenza totale dal network telematico e dai server di Google, la leggerezza del sistema starebbe nel suo essere una filigrana sottile tra i netizen e Internet , dove dovrebbero risiedere tutti i dati degli utenti, le applicazioni e i servizi a cui si ha accesso.

Google non farà soldi vendendo Chrome OS. Come è sempre stato e probabilmente sempre sarà, l’unica vera fonte di ricavi per Google è l’advertising: più tempo si passa online più Google guadagna denaro . In questo senso mettere a disposizione un browser multi-processo sotto le mentite spoglie di un OS rappresenta la strada più sicura per far schizzare in alto la suddetta permanenza online.

Quanto alla presunta sovrapposizione tra Chrome OS e Android, inoltre, secondo l’ex-dipendente Google Kevin Fox il problema nemmeno si porrebbe perché entrambi i sistemi hanno la loro specifica destinazione di utilizzo nonostante il “form factor” dei dispositivi interessati possa risultare compatibile o persino coincidente.

Chi invece sembrerebbe avere dei problemi, più seri rispetto al passato , è il succitato Erich Schmidt, la cui doppia poltrona nei consigli di amministrazione di Google e Apple scotta dal momento che con Chrome OS Mountain View entra nell’ennesimo settore (dopo gli smartphone evoluti e i browser) in cui si troverà a dover concorrere con Cupertino. “Per ora non ci sono problemi”, dice Schmidt, confermando che il suo ruolo nella board Apple sarà comunque oggetto di discussione entro breve. Se Schmidt dovesse rassegnare le proprie dimissioni dalla board, infine, le speculazioni rampanti sullo spionaggio industriale ai massimi livelli cesserebbero di esistere.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 14 lug 2009
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