USA, tutti per l'open source

USA, tutti per l'open source

Ci si mettono in settanta, grandi e piccoli, per cercare di convincere Obama. Mentre in Europa in molti stanno ancora alla finestra
Ci si mettono in settanta, grandi e piccoli, per cercare di convincere Obama. Mentre in Europa in molti stanno ancora alla finestra

La lista dei favorevoli all’open source nelle amministrazioni degli Stati Uniti continua ad aumentare. Open Source for America è, infatti, una coalizione di volenterosi appena nata che mira proprio alla diffusione dei software aperti.

Il gruppo nasce con lo scopo di istruire i decision maker del governo federale statunitense a proposito dei vantaggi che derivano dall’uso di software OS, così da incoraggiarne la diffusione.

In realtà, già diverse amministrazioni a stelle e strisce hanno optato per il passaggio, per permettere ai cittadini una maggiore partecipazione e favorire la trasparenza degli uffici pubblici. Non ultimo, il servizio postale statunitense ha reso nota la migrazione a Linux, che gli permetterebbe anche di diminuire i costi del servizio.

Open Source for America, che vede la partecipazione di oltre settanta soggetti tra aziende, organizzazioni e istituzioni accademiche, vuole imporsi, però, come voce unificata pro open source. Tra i fondatori, spiccano compagnie come Google, Oracle, Red Hat e Mozilla.

Secondo Tom Rabon, vicepresidente esecutivo di Red Hat, questa iniziativa non poteva nascere in un momento migliore, dato che alla Casa Bianca siede Barack Obama la cui amministrazione sarebbe a favore di politiche improntate alla trasparenza e all’accessibilità.

Oltre alla nuova Open Source for America, molti hanno già individuato nel neo-presidente statunitense un buon interlocutore su questi temi. Solo qualche mese fa, Obama aveva ricevuto una lettera firmata dai dirigenti di Novell e Red Hat, in cui era stato invitato a considerare il codice aperto per un miglior funzionamento della burocrazia. Le motivazioni addotte erano la maggiore trasparenza e i benefici che l’OS porterebbe ai cittadini degli States.

La nascita di Open Source for America si inserisce, dunque, in un filone di iniziative volte a diffondere l’utilizzo di applicativi a sorgenti aperti o, almeno, a considerarli realmente un’alternativa. E mentre negli USA continua a mobilitarsi la popolazione open , sull’altra sponda dell’Atlantico persistono le preoccupazioni e i dubbi sui reali benefici che si possono trarre da questo tipo di licenze.

Come rivelato dalla documentazione ottenuta da Marco Cappato, già parlamentare europeo per i Radicali, l’UE avrebbe studiato la possibilità di una migrazione verso l’OS ma, in cambio di una maggiore indipendenza tecnologica, la spesa da affrontare sarebbe così alta da poter essere ammortizzata solo in più di 30 anni.

Nonostante permanga un certo scetticismo, pure alla luce di eventuali ricadute positive sul lungo periodo, non stupisce la notizia che alcune scuole d’arte tedesche stiano optando per Linux, quasi che il passaggio a livello europeo debba essere valutato caso per caso e Stato per Stato.

Anche in Italia qualcosa si è mossa: la provincia di Bolzano adotta standard aperti già da due anni e sarebbero diverse le PA intenzionate a seguirne l’esempio, a cominciare da quelle regioni come Veneto e Puglia che hanno già inserito nel loro assetto legislativo norme che tentano di privilegiare l’approccio open source.

Federica Ricca

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Pubblicato il
27 lug 2009
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