Ti parlo con la luce, sott'acqua

Ti parlo con la luce, sott'acqua

La Marina statunitense è al lavoro su un sistema di comunicazione innovativo, che impiega un laser per far arrivare messaggi a unità in perlustrazione nelle profondità oceaniche
La Marina statunitense è al lavoro su un sistema di comunicazione innovativo, che impiega un laser per far arrivare messaggi a unità in perlustrazione nelle profondità oceaniche

Un raggio laser concentrato viene sparato in acqua da un velivolo di classe AEW&C , o anche da una fregata, raggiungendo subito dopo un sottomarino operativo nei paraggi con il suo carico di ordini, messaggi segreti e tutto il resto. È lo scenario che il dottor Ted Jones e i colleghi del Naval Research Laboratory statunitense si sono impegnati a traghettare dalla fantascienza alla realtà, lavorando a un metodo per generare onde acustiche nell’acqua per mezzo di impulsi laser .

Secondo quanto sostengono i ricercatori, alla base del sistema c’è la possibilità di manipolare le proprietà ottiche dell’acqua con luci laser ad alta intensità, in modo da trasformare il mare in una lente per la messa a fuoco naturale. È inoltre possibile concentrare ulteriormente il fascio luminoso modificando e “montando” opportunamente le frequenze di emissione del laser, modulando le comunicazioni in maniera sottile e ottenendo un’ampia gamma di possibili messaggi.

Il risultato finale di una simile tecnologia consisterebbe in una sorta di “esplosione di vapore” sottomarina, una bomba acquatica concentrata capace di emettere un impulso sonico a 220 decibel con cui recapitare il messaggio . Grazie alla facoltà dell’impulso laser di viaggiare “per molte migliaia di metri” attraverso l’aria, dicono i militari USA, il sistema si presta come meccanismo di comunicazione ideale tra i velivoli per la coordinazione delle operazioni e i mezzi sottomarini.

Tra le applicazioni accessorie della tecnologia vengono poi indicate le comunicazioni a mezzo acqua (con sottomarini ma anche con altri mezzi militari) senza la necessità di mettere alcun tipo di strumentazione di trasmissione a contatto con la superficie del mare, e senza impiegare le attuali boe galleggianti o le trasmissioni radio a bassissima frequenza dalle stazioni costiere.

L’unico problema, in questo caso, è che il destinatario avrebbe comunque la necessità di mantenere un apparato ricevente a contatto con l’acqua, ma i ricercatori assicurano che si tratterebbe comunque di spese e strumentazioni meno costose e complesse di quelle correnti. Come ciliegina sulla torta, inoltre, dall’NRL arriva la conferma che la nuova tecnologia può far miracoli anche nel caso dei sonar attivi funzionanti sott’acqua .

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
10 set 2009
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