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di Mafe De Baggis - Un evento che punta alla non autoreferenzialità e alla comunicazione multicanale. Ma che pecca della prima e deficita nella seconda. Ma che può migliorare
di Mafe De Baggis - Un evento che punta alla non autoreferenzialità e alla comunicazione multicanale. Ma che pecca della prima e deficita nella seconda. Ma che può migliorare

Venezia – Può un evento essere chiuso al pubblico ma aperto a chiunque voglia partecipare? È possibile selezionare con estrema cura la lista dei partecipanti e nello stesso tempo permettere un dibattito parallelo aperto a chiunque sia collegato a Internet in quel momento?

Tecnicamente certo che sì: è quello che stanno facendo Telecom Italia e Nòva 24 con le Venice Sessions. “Menti sorprendenti, eccellenze italiane ed internazionali si confrontano per esplorare il futuro. Gli incontri si svolgono a Venezia, presso il Future Centre di Telecom Italia”. Ambizioni alte, risultati (a giudicare dai commenti post evento) non sempre all’altezza: quello che ci interessa in questa sede è il tentativo di creare un formato di evento nuovo che viva in un posto preciso e in Rete contemporaneamente.

Un formato nuovo e assai discusso: come sempre per un evento a invito è difficile separare le critiche sincere dal semplice malanimo di chi avrebbe voluto essere tra i partecipanti, ma un esperimento del genere presenta oggettivi punti deboli ed è interessante ragionare insieme sui margini di miglioramento possibili.

Il meccanismo è questo: una cinquantina di ascoltatori per una decina di relatori, gli ascoltatori possono teoricamente interloquire quando vogliono e sono invitati a raccontare sui social media quello che sentono in tempo reale. Chi non è a Venezia poteva seguire la Session (finora ce ne sono state 4) o in differita o seguendo il flusso dei commenti, spesso più cazzari che seri. L’ultima edizione era invece a disposizione in streaming, e proprio sullo streaming arriva la critica più articolata. Marco Montemagno su Friendfeed scrive (con 26 “like”):

“Diretta di Venice Sessions non va bene (ehi parlate di futuro dei media!): 1) È statica e di una noia infinita 2) La regia è fondamentale, non potete tenermi 2 camere fisse x 4 ore senza neanche le slide dell’oratore 3) Deve esserci un format 4) Gli ospiti informano ma non comunicano (most of) 5) I sottopancia? 6) Social non integrato.”

A questa critica rispondono i numeri: Marco Massarotto, sempre su Friendfeed:

“3.600 spettatori con punte di 600 in contemporanea per lo streaming di Venice Sessions”

Ha ragione Montemagno? Un po’ sì, soprattutto per quanto riguarda la regia e lo stile dei relatori, che sembrano – con le ovvie eccezioni – preferirei lo stile “keynote” lasciando pochi appigli al confronto diretto sia con il pubblico presente sia con chi segue da Internet. Anche i contenuti sembrano sì interessanti, ma poco coraggiosi: se la domanda è “Scompariranno prima i libri o i giornali?”, la risposta è abbastanza prevedibile.;-)

E 3.600 spettatori sono pochi o tanti? A me sembrano tantissimi: raggiungere lo stesso risultato per un evento dal vivo è quasi impossibile. Per una risposta alternativa e sintetica è interessante questa immagine, che mostra bene l’effetto sui social media della #vs4:

il grafico della discussione

Aspettiamo la V session , con un suggerimento: che sia autoreferenziale, sulle modalità migliori per far nascere e portare avanti un confronto sia in una stanza chiusa che in una rete aperta, chiamiamolo crowdsourcing o collaborazione o quel che volete. Più che i contenuti quel che è interessante (per me) è l’esperimento: può valer la pena, per una volta, di guardare il meccanismo per smontarlo e migliorarlo, e poi passare avanti.

Mafe de Baggis

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Pubblicato il
23 ott 2009
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