EFF: il museo degli orrori del DMCA

EFF: il museo degli orrori del DMCA

Raccolte le richieste più assurde e controverse di rimozione di materiale in base alla disciplina del copyright. Se si ignora il fair use, è un abuso
Raccolte le richieste più assurde e controverse di rimozione di materiale in base alla disciplina del copyright. Se si ignora il fair use, è un abuso

La battaglia dei diritti civili in Rete si gioca sul filo dell’ironia. E non si tratta solo di una questione di linguaggio ma di vera e propria sostanza : l’ Electronic Frontier Foundation , che di questa guerra è il capofila, lo sa bene e ha deciso di mettere alla berlina i più eclatanti episodi di abuso della protezione offerta alla proprietà intellettuale.

È nata così la Takedown Hall of Shame , una galleria che raccoglie le richieste di rimozione ritenute da EFF più contraddittorie e assurde. Tutti contenuti rimossi dalla Rete perché accusati di infrangere il copyright o marchi registrati.

Una campagna simile EFF l’aveva già adottata per attaccare i brevetti , ottenendo per altro che otto brevetti sui dieci “ricercati” fossero rifiutati, invalidati o limitati.

Nella palmares di EFF figura la recente richiesta da parte di Ralph lauren a Boing Boing e Photoshop Disaster che dileggiavano una campagna pubblicitaria che mostrava una modella con la testa erroneamente troppo grande rispetto al corpo. Mentre Photoshop Disaster ha ottemperato alla richiesta di rimozione, quelli di Boing Boing l’hanno ritenuta una minaccia di censura e hanno rifiutato. C’è inoltre la richiesta da parte della National Organization for Mariage ( NOM ) di rimuovere il commento di Rachel Maddow della MSNBC su una sua campagna contro le unioni fra omosessuali. La richiesta è stata accolta da YouTube ma sul sito MSNBC è ancora disponibile .

Quel che è interessante, oltre alla forma, nella battaglia intrapresa da EFF, è l’interpretazione che si vuole dare all’utilizzo dei link e all’embedding di video: “La libertà di parola nel ventunesimo secolo dipende spesso dal poter incorporare video e altri conenuti da fonti differenti” afferma Corynne McSherry, uno degli avvocati della fondazione. “Si tratterebbe – continua – semplicemente del concetto di fair use di materiale coperto da copyright o trademark, principio sancito dalla legge statunitense. Violare questo principio significa ricorre alla censura abusando della protezione ottenuta con la proprietà intellettuale”.

Prosegue così il percorso iniziato con il monitoraggio dell’applicazione delle disposizioni del DMCA, utilizzate in alcuni casi non per combattere la pirateria ma contro semplici utenti o addirittura scienziati e legittimi concorrenti approfittando delle pieghe della legge stessa.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
28 ott 2009
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