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di Mafe De Baggis - Un'idea è una cosa fragile e non è semplice comunicarla e trasmetterla. Soprattutto quando ci si scontra con la burocrazia
di Mafe De Baggis - Un'idea è una cosa fragile e non è semplice comunicarla e trasmetterla. Soprattutto quando ci si scontra con la burocrazia

Non so se a voi sì, ma a me, anche se ci penso da parecchio, non viene in mente nessun progetto web rivoluzionario ideato da persone pagate da qualcuno per farlo.

Yahoo!, Google, Facebook, YouTube, Skype, andando parecchio indietro anche Microsoft o Apple: sono tutti nati dall’idea e dalla forte volontà di realizzarla di una o più persone che per sopravvivere facevano altro (magari niente perché ancora all’università).
Non è un’ode allo spirito imprenditoriale o alla serendipity: è che secondo me quando le barriere all’ingresso sono basse, perché il mercato è inesistente o le materie prime economiche, l’ideatore di un’idea può realizzarla senza stare a perdere tempo a spiegarla a qualcuno per farsi dare soldi o tempo o risorse. Se devi spiegare a qualcuno la tua idea, tipicamente qualcuno che non ha le competenze per capirla, ti perdi per strada. Non è neanche un’ode alla sociopatia e all’isolamento, perché il problema non è condividere con altri il processo creativo, è spiegare a terzi che non capiscono. Un’idea è una robina fragile, va protetta come una piantina, accudita e coccolata: l’avvocato del diavolo è una gran cosa, ma solo se ci sono conseguenze gravi in caso di errori.

Capita per le piccole cose come per le grandi: se puoi fare qualcosa e farla vedere o usare viene bene, se devi spiegarla a qualcuno che poi può intervenire viene una schifezza. Non c’è una via di mezzo ed è il motivo per cui raramente dai tavoli delle riunioni vengono fuori decisioni ragionevoli, un po’ perché le persone che hanno un’idea in testa e del lavoro da fare pur di uscire da una riunione dicono sì a qualunque cosa, un po’ per la legge di Albrecht , scoperta oggi grazie a Gino Tocchetti : le persone intelligenti, quando intruppate in un’organizzazione, tenderanno verso la stupidità collettiva.

Lo suggerisce indirettamente anche Jakob Nielsen, che nel suo ultimo Alertbox ci dice che: “I progetti sviluppati in modalità Agile non sono ancora completamente orientati all’utilizzatore finale, ma la nostra ultima ricerca dimostra che gli sviluppatori sono assai più decisi e fiduciosi sulle questioni chiave della user experience degli specialisti UX stessi”.

Uno sviluppatore può realizzare la sua idea e farla testare a chi deve sceglierla, usarla o approvarla: un progettista impiega un sacco di energie per farla immaginare, e spesso si perde per strada. Parafrasando Mark Twain potremmo dire che “Ci sono due tipi di persone. Quelle che fanno e quelle che raccontano ad altri cosa fare. Il primo gruppo è meno affollato”. Non vale solo per la progettazione di applicazioni, vale per qualsiasi cosa: se puoi farla prima di raccontarla, non perdere tempo. Le aziende e i processi decisionali che spingono le persone a farsi approvare le idee prima di concedere tempo e risorse per provare a realizzarle mettono la burocrazia al posto dell’innovazione.

Mafe de Baggis

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Pubblicato il
6 nov 2009
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