Telemarketing, guardiamo al futuro

Telemarketing, guardiamo al futuro

di Guido Scorza - Diventa legge, nonostante i dubbi del Garante per la Privacy, il DL Ronchi in materia di pubblicità telefonica. I rischi che si annidano nel testo, le prospettive per la creazione del Registro
di Guido Scorza - Diventa legge, nonostante i dubbi del Garante per la Privacy, il DL Ronchi in materia di pubblicità telefonica. I rischi che si annidano nel testo, le prospettive per la creazione del Registro

Alla fine, come probabilmente era inevitabile, ha vinto l’industria ed hanno perso i cittadini: l’emendamento salva-telemarketer è legge. È finito, quindi, il tempo delle discussioni circa l’opportunità di una scelta legislativa che ha immolato il diritto alla privacy dei cittadini sull’altare degli interessi economici dell’industria.

I dubbi restano e lo stesso ufficio del Garante per la Privacy non ne fa mistero in un comunicato diffuso nei giorni scorsi nel quale si dice preoccupato ma, al tempo stesso, pronto a fare la sua parte per vigilare sulla corretta applicazione della nuova disciplina.

Ora, però, occorre guardare avanti per evitare che, nelle segrete stanze del Palazzo nelle quali vedrà la luce il Decreto del Presidente della Repubblica cui la legge demanda l’istituzione del registro, i diritti dei cittadini e degli utenti non vengano ulteriormente sacrificati. È un rischio sfortunatamente elevato perché chi ha dettato al legislatore il testo della nuova legge si è preoccupato di escludere – in modo irragionevole ed inaccettabile sotto il profilo del buon senso prima e dei rapporti istituzionali poi – il Garante per la privacy dal novero dei soggetti che saranno chiamati ad esprimersi sul testo del Decreto che istituirà il registro.

Basterebbe questo per dubitare della “buona fede” di chi ha sin qui raccontato che la nuova disciplina avrebbe per obiettivo quello di tutelare in modo più efficace ed effettivo i diritti degli utenti e dei consumatori.
I fatti, a volte, svuotano di significato le parole e gli sforzi di dissimulazione della realtà cui queste ultime tentano strenuamente di dare forma.
Si è appena varata una legge destinata ad incidere in maniera profonda sulla vigente disciplina in materia di privacy e trattamento dei dati personali ignorando deliberatamente la posizione dell’ufficio del Garante e preoccupandosi, addirittura, di estromettere quest’ultimo dal processo di produzione della norma secondaria destinata ad istituire il Registro negativo.
Ma guardiamo avanti.

Il primo nodo da sciogliere concernerà l’individuazione “dell’ente o organismo pubblico titolare di competenze inerenti alla materia” presso il quale il Registro dovrà essere istituito. Tale soggetto, in forza di quanto disposto dalla normativa appena approvata, dovrà provvedere all’istituzione ed alla gestione del Registro “con le risorse umane e strumentali di cui dispone o affidandone la gestione a terzi, che se ne” assumeranno “interamente gli oneri finanziari ed organizzativi”.

Sino a quando il Registro non inizierà a funzionare, dunque, chiunque voglia dar vita al Registro e gestirlo potrà contare esclusivamente sulle proprie risorse.

Non è facile, allo stato, immaginare un soggetto pubblico che sia disponibile ad accollarsi gli oneri connessi alla gestione di un Registro il cui equivalente, negli Stati Uniti d’America è, attualmente, gestito congiuntamente da due giganti della pubblica amministrazione quali la Federal Trade Commission e la Federal Communication Commission alle quali costa, ogni anno, milioni di dollari. Inevitabile, dunque, ipotizzare che il Registro finirà con l’essere “formalmente” collocato sotto il tetto di un qualsiasi soggetto pubblico che si affretterà poi ad affidarne in concessione la gestione ad un soggetto privato.

Difficile, tuttavia, in tale prospettiva non dirsi preoccupati. La nuova disciplina, infatti – non essendo stato recepito neppure sul punto uno dei tanti emendamenti di compromesso presentati – non contempla, allo stato, alcuna clausola di incompatibilità relativa alla gestione del Registro. È, invece, auspicabile – ma occorrerebbe dire imprescindibile – che la gestione del Registro non venga affidata ad alcun soggetto esercente l’attività di telemarketing né che si avvalga direttamente o indirettamente di tale genere di servizi. La necessaria terzietà del gestore del registro rispetto alle parti di ogni controversia relativa alla violazione della nuova disciplina, infatti, impone che il gestore non possa mai trovarsi – né direttamente né tramite società controllate, controllanti o ad esso contrattualmente legate – ad avere come antagonista un utente o consumatore. In caso contrario, si arriverebbe all’assurdo per il quale, qualora un consumatore voglia dimostrare che nonostante l’inserimento nel registro, i suoi dati sono stati utilizzati per finalità di telemarketing, dovrebbe richiedere la prova dell’opt-out alla sua stessa controparte nella controversia o, comunque, ad un soggetto ad essa collegato.

Il Decreto istitutivo del Registro, pertanto, dovrà colmare la lacuna della norma e prevedere un rigido sistema di incompatibilità tra la gestione del registro e l’esercizio o l’utilizzo di qualsivoglia attività di telemarketing. Utenti e consumatori devono, almeno, poter contare sull’imparzialità del sistema.

C’è un altro aspetto particolarmente delicato del quale occorrerà tener conto nel dettare le regole di funzionamento del Registro. La tutela degli utenti rispetto a possibili violazioni della loro privacy, nel nuovo sistema, sarà interamente affidata alla possibilità di questi ultimi di riuscire a provare di aver ricevuto una o più telefonate indesiderate da uno o più soggetti nonostante l’inserimento del proprio numero telefonico nel registro negativo.

In tale contesto è ovvio – o almeno dovrebbe esserlo – che il Decreto istitutivo del Registro dovrà individuare procedure idonee a consentire agli utenti e consumatori di provare in modo agevole ed inoppugnabile l’eventuale violazione dei propri diritti e, dunque, la propria avvenuta richiesta di inserimento nel numero telefonico nel registro, il puntuale adempimento da parte del gestore del Registro di tale istanza nonché l’avvenuto ricevimento di una telefonata.

Garantire che questi risultati minimi siano raggiungibili è onere, a questo punto, della Presidenza del Consiglio dei Ministri ma è sin troppo evidente che, in assenza di tali garanzie, l’intera impalcatura normativa – primaria e secondaria – sarebbe illegittima perché non si può riconoscere – o meglio far finta di riconoscere – a utenti e consumatori un diritto e poi onerarli, per azionare tale diritto, di una probatio diabolica .

Ci pensate quale sarebbe l’effettiva tutela di cui godrebbe il consumatore se il telemarketer, dinanzi alla contestazione di aver utilizzato un certo numero telefonico nonostante lo stesso risultasse inserito nel Registro, potesse semplicemente negare di aver mai fatto quella telefonata?
E se il gestore del registro, dopo aver ritardato o omesso – per pigrizia, economia, imperizia o conflitto di interessi – di procedere all’inserimento di un determinato numero potesse, semplicemente, sottrarsi alle contestazioni dell’abbonato sostenendo di non aver mai ricevuto alcuna richiesta di inserimento nel registro?

Inutile guardare agli Stati Uniti d’America a caccia di soluzioni perché lì l’Ordinamento non ha ritenuto – come invece è accaduto nel nostro Paese – di dotarsi di una complessa, quanto inutile, sovrastruttura normativa in relazione all’efficacia probatoria di documenti informatici e comunicazioni elettroniche mentre noi lo abbiamo fatto e, sfortunatamente per tutti, ora siamo costretti a confrontarci con una giungla di disposizioni che esigono che le prove digitali vengano date utilizzando taluni strumenti informatico-giuridici e non altri. Al riguardo, peraltro, dispiace constatare che nella legge appena varata, tra i criteri cui ci si dovrà ispirare nel dettare il Decreto istitutivo del Registro, non una sola parola sia stata dedicata a tale aspetto ed a questi problemi. Difficile, anche in questo caso, non pensare al fatto che, chi ha dettato la legge non aveva a mente gli interessi dei consumatori.

Un’ultima ma fondamentale questione. Il legislatore – anche in questo caso non certo nell’intento di farsi carico dell’interesse dei cittadini – ha ritenuto di prevedere che “l’iscrizione nel registro non precluda i trattamenti dei dati altrimenti acquisiti e trattati nel rispetto degli articoli 23 e 24” ovvero previo consenso degli interessati o nei casi in cui il consenso non deve essere richiesto.

Si tratta, evidentemente, di una previsione figlia dell’ingordigia, attraverso la quale il legislatore – o chi per lui – anziché scegliere tra l’adozione del regime dell’opt-in e quello dell’opt-out ha preferito non scegliere e adottarli entrambi in modo che, di volta in volta, i telemarketer ed i loro clienti possano far riferimento alla soluzione per loro più conveniente e, naturalmente, meno conveniente per gli interessi degli utenti e dei consumatori.
Credo sia una scelta di per sé da censurare perché tradisce la stessa giustificazione dell’intervento normativo proposta dai suoi sostenitori: l’opt-out garantirebbe i diritti degli interessati in modo più efficace rispetto all’attuale opt-in. Se anche ciò fosse vero, non si vede come possa continuarsi a sostenerlo dopo che attraverso un pugno di caratteri, inseriti in un emendamento all’emendamento, anziché sostituire l’attuale opt-in con l’opt-out si è semplicemente affiancato il secondo al primo.

A prescindere, tuttavia, da tali considerazioni il decreto istitutivo del registro negativo dovrà necessariamente prevedere che gli utenti e consumatori possano esercitare – attraverso l’iscrizione nel Registro – un opt-out generale che abbia per effetto di revocare qualsivoglia consenso all’utilizzo del proprio numero telefonico. In caso contrario, infatti, la natura “generale” del Registro resterebbe frustrata.

L’unica eccezione a tale indispensabile previsione potrà aversi nell’ipotesi in cui il consumatore, successivamente all’iscrizione del proprio numero nel registro negativo, presti il consenso all’utilizzo del suo numero telefonico in relazione ad uno specifico trattamento gestito da un certo titolare.

Se si vuole evitare che il Far West nel quale lo sciagurato emendamento ha condannato, per altri sei mesi, il regime dell’utilizzo dei nostri numeri per l’effettuazione di telefonate indesiderate, si protragga più a lungo, occorre, almeno, far in modo che nel Palazzo, in sede di redazione del Decreto istitutivo nel Registro negativo, tengano in considerazione queste poche e basilari regole che, prima che di diritto, sono di buon senso e civiltà.

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
23 nov 2009
Link copiato negli appunti