Il gioco è guerra

Il gioco è guerra

E ogni guerra ha le sue regole. A dirlo, due organizzazioni che si occupano di infanzia e di applicazione del diritto internazionale
E ogni guerra ha le sue regole. A dirlo, due organizzazioni che si occupano di infanzia e di applicazione del diritto internazionale

I prossimi videogame di guerra dovrebbero avere livelli dedicati ad affrontare le conseguenze delle azioni compiute sul campo di battaglia. Crisi emotive e diatribe legali comprese. Questo è quanto sembrano chiedere due organizzazioni per i diritti umani. Trial ( Track impunity always ) e Pro Juventute , entrambe con sede in Svizzera, attaccano : i giochi conterrebbero azioni che nella vita reale violerebbero il quadro normativo internazionale, sia quello attinente ai diritti umani, sia quello che si occupa di diritto criminale, e i protagonisti-colpevoli resterebbero sempre impuniti.

Nello studio commissionato dalle due associazioni sono stati presi in considerazione 20 giochi, tra cui Call of Duty 4 e 5, Metal Gear Solid 4 , Medal of Honour Airborne : mentre “giovani giocatori” armati di joypad non avevano pietà dei poveri pixel che capitavano davanti alla loro visuale, facendosi strada con qualsiasi mezzo, tre avvocati erano attenti a registrare qualsiasi azione del gioco che nella vita reale sarebbe da considerare in violazione delle leggi che regolano i conflitti armati .

Lo studio, assicurano le due organizzazioni, non mira a “proibire i giochi, censurarli o metterli alla berlina per approfondire il diritto internazionale”, l’intenzione sarebbe invece di collaborare con gli sviluppatori affinché in futuro siano presi in considerazione i diritti umani e le loro conseguenze sul modo di combattere.

Al contrario attualmente, secondo i risultati dello studio, i giocatori si curano di tali tutele: colpire civili o edifici protetti (come scuole e chiese) non ha conseguenze, se non in rari casi, ed è addirittura possibile ricorrere alla tortura nel momento in cui ci si trova a riprodurre un interrogatorio. Un esempio è il trattamento che si può riservare al cattivo di Call of Duty 4 , Al-Asad, che “deve essere considerato tortura o quanto meno inumano” e proibito sia in tempo di pace che in guerra. Ucciderlo – com’è in effetti possibile – corrisponde poi a un’esecuzione sommaria illegale per qualsiasi normativa. In Medal of Honour già alla prima scena si inizia sparando contro una chiesa apparentemente senza alcuna provocazione da parte del nemico. Nel gioco dedicato alla serie televisiva 24, invece, una scena prevede un interrogatorio di un possibile terrorista in cui l’agente Jack Bauer può anche picchiare selvaggiamente il sospettato, ignorando le sue richieste di soccorso medico, per ottenere l’informazione desiderata.

Gli autori dello studio concludono, infine, appellandosi agli sviluppatori di videogame, affinché non lascino passare l’idea che un crimine possa restare impunito, qualsiasi esso sia, chiunque ne sia l’autore e in qualsiasi situazione esso venga commesso. Anche in una simulazione: meglio prevedere che vi siano forme di compensazione o punizione anche nei meccanismi del videogame .

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
26 nov 2009
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