Software libero o no? Roma s'interroga

Software libero o no? Roma s'interroga

La Commissione del ministero all'Innovazione in un questionario chiede l'aiuto degli esperti e di chi ha già maturato esperienze con l'open source. Per sapere se codice aperto significa codice sicuro. E tutto questo genere di cose
La Commissione del ministero all'Innovazione in un questionario chiede l'aiuto degli esperti e di chi ha già maturato esperienze con l'open source. Per sapere se codice aperto significa codice sicuro. E tutto questo genere di cose


Roma – Un questionario per capire cosa significa open source per chi già ne ha sperimentato l’utilizzo. Così si può definire il primo passo operativo della Commissione per la valutazione dell’open source istituita ormai lo scorso ottobre presso il ministero all’Innovazione. Un po’ pochino rispetto ai tempi di lavoro annunciati quando fu varata la Commissione ma, comunque, un segno di vita.

“Attraverso la compilazione di un questionario – si legge nella pagina di presentazione dell’iniziativa – il MIT (Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, ndr) si rivolge agli operatori della pubblica amministrazione italiana che abbiano maturato esperienze significative nell’utilizzo di software open source e che possano effettuare un giudizio comparato rispetto all’utilizzo di software proprietario”.

Il questionario con cui si vogliono raccogliere elementi di supporto decisionale da chi già ha avuto a che fare con open source nella PA è di sicuro interesse, in quanto ospita domande da sempre oggetto del più acceso dibattito tra i sostenitori del codice aperto e quelli del codice proprietario.

Vi si trovano cose come: vi sono differenze tra software aperto e chiuso in merito a “garanzie dell’assenza di backdoor”? Oppure: quali sono le differenze nella gestione delle vulnerabilità di un software proprietario rispetto a quelle di un software aperto?

Va detto che il questionario è studiato per non offrire il destro a polemiche, tutte le domande sono infatti calibrate per conservare il pieno equilibrio tra open e closed source ed evitare che emerga una qualsiasi “preferenza” implicita per una scelta piuttosto che per l’altra. Di interesse anche la presenza di domande che fanno appello non solo all’esperienza compiuta ma anche alle capacità di “visione” di chi nella PA ha già fatto uso di open source, cose come: “A vostro giudizio, quale potrebbe essere il ruolo del software OS nei programmi comunitari e nazionali?”. Una domanda da un milione di euro, o forse molto più.

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Pubblicato il
19 mar 2003
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