Australia, la satira in divieto di sosta

Australia, la satira in divieto di sosta

Un sito contro il ministro per le Comunicazioni avrebbe avuto un tempo insolitamente breve per provare la sua legittimità. Al centro della bufera l'organismo indipendente per la gestione dei domini. E sui filtri le polemiche montano
Un sito contro il ministro per le Comunicazioni avrebbe avuto un tempo insolitamente breve per provare la sua legittimità. Al centro della bufera l'organismo indipendente per la gestione dei domini. E sui filtri le polemiche montano

Si tratta di un caso che ha fatto sanguinare ulteriormente una già profonda ferita sulla pelle di molti netizen australiani. Di cittadini agli antipodi della Rete, visibilmente preoccupati per quella che è stata annunciata come una vera e propria muraglia digitale . La satira contenuta in un sito web, all’indirizzo del ministro per le Comunicazioni Stephen Conroy, non sarebbe stata di gradimento dell’auDA, organismo indipendente che gestisce in Australia la registrazione dei vari domini web.

Mettendo insieme i singoli fatti accaduti, la vicenda si è così snodata. Nel pomeriggio del 17 dicembre scorso la società SAPIA Pty Ltd ha provveduto alla registrazione del sito web stephenconroy.com.au , con il preciso intento di protestare contro il recente annuncio del ministro di una severa regolamentazione sul filtering della Rete da introdurre in Parlamento entro l’estate del 2010.

Nel corso della giornata successiva, auDA ha contattato la società dietro al sito, dandole tre ore di tempo per fornire le prove a sostegno della propria idoneità a mantenere attivo il dominio. Stando a quanto raccontato dai creatori dello spazio satirico, SAPIA ha chiesto un periodo di tempo più lungo per fornire le prove, visto che la stessa auDA in genere fornisce a spammer e cybersquatter almeno sette giorni per dimostrare la propria legittimità ad esistere online. Ma in questo caso le tre ore di tempo sono rimaste tali. Tre ore per dimostrare di avere la facoltà di utilizzare il nome Stephen Conroy all’interno del dominio.

SAPIA non è riuscita ad ottenere alcunché e auDA ha provveduto a chiudere il sito , obbligando la società a spostarsi su un secondo spazio online dove poter raccontare quanto accaduto. Stando ad un comunicato ufficiale diramato dalla società, le forbici di auDA sarebbero state guidate direttamente dal Ministero per le Comunicazioni, quindi dallo stesso Stephen Conroy.

A smentire quest’ultima affermazione, Chris Disspain, CEO di auDA, che ha dichiarato di non essere stato affatto contattato da alcun membro del governo . La decisione finale di auDA sarebbe stata presa a suo dire per motivi legati alle normali regole interne per la registrazione di domini. Di questo avviso, un articolo apparso sul sito di Inquisitr , che ha accusato di falsità il comunicato diramato da SAPIA.

L’articolista – che ha precisato di essere un fiero difensore dei movimenti anti-censura australiani nonché ex-membro di auDA – ha parlato di una registrazione alquanto sospetta da parte del sito satirico. In Australia, per registrare un dominio di tipo .com.au è necessario intrattenere un business attraverso il sito, che oltretutto non può esprimere un dissenso di natura politica perché contrario alle regole di gestione della stessa auDA.

Quello che, tuttavia, ha preoccupato Electronic Frontiers Australia (EFA) è la minuta quantità di tempo offerta da auDA al sito per potersi in un certo senso spiegare. EFA sembra aver compreso i principi a regolamentazione della registrazione dei domini, ma si è interrogata sui motivi di una fretta così impellente, specie in un contesto delicato come quello attuale su cui incombono i filtri governativi.

Contesto i cui toni non hanno certamente accennato a raffreddarsi. Reporters Sans Frontières (RSF), organizzazione a tutela della libertà d’informazione, ha scritto una lettera alle autorità australiane, esprimendo grande preoccupazione per le sorti dei principi democratici su Internet. Come spiegato dal segretario generale di RSF Jean-François Julliard, le categorie da filtrare sarebbero eccessivamente vaghe, finendo con il comprendere temi come l’aborto, l’anoressia e la regolamentazione della vendita di marijuana. Proteste sono scaturite anche dal basso, dai comuni cittadini della Rete che hanno iniziato a raggrupparsi soprattutto attraverso i social network. È stata creata una pagina Facebook per chiamare a raccolta tutta l’Australia, in vista di una grande manifestazione a livello nazionale da tenersi il prossimo 30 gennaio.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
23 dic 2009
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