Sgarbi: YouTube deve tacere

Sgarbi: YouTube deve tacere

Il noto critico d'arte punta il dito contro la piattaforma di video sharing. Far riprendere ai netizen i suoi diverbi in RAI sarebbe stata una mossa azzardata. Lederebbe il diritto all'immagine. Calcolati 10mila euro di danni al minuto
Il noto critico d'arte punta il dito contro la piattaforma di video sharing. Far riprendere ai netizen i suoi diverbi in RAI sarebbe stata una mossa azzardata. Lederebbe il diritto all'immagine. Calcolati 10mila euro di danni al minuto

In molti potrebbero ricordare le picaresche avventure verbali di Vittorio Sgarbi, noto critico d’arte nonché attuale sindaco del comune siciliano di Salemi. Se le ricorderà certo Alessandro Cecchi Paone, conduttore televisivo abbattuto da una raffica di inviti a fare silenzio. O l’attore e regista Roberto Benigni, investito da una bufera di pagato . Performance oratorie apparse su alcuni programmi RAI, poi riprese da YouTube e trasformate in veri e propri tormentoni. Che ora potrebbero sparire dalla piattaforma di video sharing.

Nulla è stato dichiarato sul sito ufficiale di Sgarbi né ha parlato lo spazio web di Aretè srl , società gestita dalla madre Rita Cavallini che cura l’immagine di uno dei personaggi più noti della società politico-televisiva del Belpaese. Ma, stando a quanto hanno riportato alcune testate tra cui Il Messaggero , pare che Vittorio Sgarbi abbia diffidato YouTube, rea, a suo parere, di aver violato a mezzo video il diritto all’immagine dello storico dell’arte di Ferrara.

Per la precisione e come sostenuto dall’avvocato di Sgarbi Giampaolo Cicconi, la piattaforma di video sharing avrebbe violato i diritti di utilizzazione e sfruttamento economico dell’immagine, attraverso immagini fisse o in movimento di programmi della RAI in cui compare il politico. E c’è di più. Cicconi ha aggiunto che, qualora i responsabili di YouTube non provvedano alla rimozione dei video, ci sarà un ricorso presso il Tribunale di Camerino per un risarcimento danni non inferiore a 10mila euro per ogni minuto o frazione di diffusione diretta o indiretta .

Questo porta a qualche interrogativo. Il diritto all’immagine è disciplinato dall’ articolo 10 del codice civile: l’autorità giudiziaria può disporre che cessi l’abuso qualora l’immagine di una persona sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi consentiti dalla legge ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione . Ma l’ articolo 97 della legge 633 del 1941 dispone che si possa prescindere dal consenso alla diffusione nei casi in cui ciò sia giustificato da motivi di notorietà del personaggio ritratto .

Sgarbi non ha tenuto nascosta una certa consapevolezza della fama conquistata tra i netizen. “Me l’hanno detto quelli che se ne intendono – ha dichiarato il critico come riportato da La Stampa – sono tra i più cliccati. Un po’ sotto Berlusconi, tra i più visitati ci sono io. Su YouTube i miei diverbi accesi con la Mussolini o Cecchi Paone vanno alla grande e sono tra i più gettonati”.

Sgarbi sembra dunque essere un personaggio noto, tra i più gettonati su YouTube per i suoi diverbi accesi. Diverbi peraltro trasmessi da un’emittente televisiva nazionale, attraverso programmi a cui Sgarbi ha partecipato come ospite e opinionista.

La stessa RAI ha intrattenuto relazioni decisamente più amichevoli di quelle di Mediaset nei confronti della piattaforma di condivisione video di proprietà di Google. In particolare , un accordo secondo cui la RAI si impegna a caricare contenuti su YouTube in cambio delle garanzie del suo sistema VideoID.
Il contenzioso legale posto in essere dagli avvocati di Sgarbi è andato oltre il semplice diritto all’immagine, è sfociato nella spinosa questione della responsabilità degli intermediari. Nella fattispecie , a YouTube è stata contestata l’abusiva riproduzione, trasmissione e diffusione di un’opera dell’ingegno coperta dai diritti d’esclusiva .

Gli avvocati di Sgarbi hanno cioè suggerito a YouTube di darsi da fare per vigilare sul rispetto del diritto d’autore, allo stesso modo dei contenuti a sfondo pedopornografico . Un suggerimento che, se accolto dall’eventuale ricorso al Tribunale di Camerino, potrebbe inserirsi sulla scia di quelle interpretazioni che vorrebbero piegare il d.lgs. 70/2003 ad obbligare gli intermediari della comunicazione a sorvegliare sui contenuti caricati dai propri utenti. Visioni che hanno trovato corpo nella decisione del Tribunale di Roma sulla vicenda Mediaset/Grande Fratello 10 contro Google/YouTube, e in quella della Corte di Cassazione nel caso di The Pirate Bay. Sgarbi vorrebbe che la piattaforma di video sharing di BigG agisca da grande forbice, in quanto potenzialmente responsabile di aver diffuso contenuti che testimoniano le gesta oratorie di un personaggio pubblico in pubblica piazza televisiva.

Così Marco Pancini, di Google Italia: “La differenza di Internet come mezzo di comunicazione rispetto alla stampa e televisione è che online non c’è un signore che decide quale contenuto debba essere pubblicato/letto. Questa specificità è positiva: sottolinea la natura corale e democratica, fatta di tanti individui che partecipano alla creazione e condivisione dei contenuti in Rete e lo fanno gratis, per il piacere di farlo. Vent’anni fa, nell’era pre-Internet, sarebbe stato improponibile”.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
11 gen 2010
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