Google e Facebook terroristi della privacy?

Google e Facebook terroristi della privacy?

Alla conferenza SXSW si parla di privacy e condivisione delle informazioni. C'è chi critica aspramente il comportamento dei giganti della rete e chi, al contrario, esalta le opportunità della condivisione
Alla conferenza SXSW si parla di privacy e condivisione delle informazioni. C'è chi critica aspramente il comportamento dei giganti della rete e chi, al contrario, esalta le opportunità della condivisione

L’edizione 2010 del South by Southwest , evento texano che comprende festival e conferenze su tutto ciò che è musica, cinema e media interattivi, è stata l’occasione per un confronto sui tempi della privacy e sui comportamenti dei colossi della rete che si trovano a gestire grandi quantità di dati personali. Sulle opposte visioni di chi pretende il rispetto della riservatezza anche nell’era dei social network e chi, al contrario, sostiene più diffusione pubblica per tutto. E per tutti.

Sul versante della “difesa” della privacy anche quando tale concetto sembra essere morto e sepolto (o per lo meno così pensa qualcuno ) si è allineata la ricercatrice Danah Boyd, collaboratrice di Microsoft Research e del Berkman Center for Internet and Society di Harvard che si è espressa riguardo a Google e Facebook, rei a suo dire di spiattellare sulla pubblica piazza informazioni che gli utenti avevano pensato per l’utilizzo in ambiti molto diversi.

Entrambe le aziende sono solite usare le informazioni degli utenti con estrema mancanza di discrezione, sostiene la ricercatrice, implementando servizi di tipo “opt-out” che sono pubblici di default e cambiando le impostazioni senza fornire sufficienti informazioni in merito. “Rendere qualcosa che è già pubblico ancora più pubblico è una violazione della privacy” dice Boyd chiamando in causa l’ aggregazione degli stream social nelle ricerche web di Mountain View.

Il concetto di security through obscurity “non è così ridicolo come sembra essere”, dice la ricercatrice, e il comportamento di chi diffonde informazioni personali online non è molto dissimile – dati analitici alla mano – a quello di chi parla di cose riservate in pubblico senza per questo voler autorizzare un ipotetico “Grande Orecchio” ad ascoltare e registrare tutto per riutilizzi futuri.

Alla relazione di Danah Boyd ha fatto da contraltare l’intervento di Clay Shirky, scrittore, consulente, professore associato e studioso degli effetti delle tecnologie di rete sulla società e l’economia, che ha messo in mostra le tante potenzialità della condivisione delle informazioni online. Laddove Boyd segnala dei rischi, Shirky vede delle opportunità come ad esempio nel caso della “condivisione civica”, un sistema per il pubblico di mettere in luce problematiche e documentazione in modo da attirare più facilmente l’attenzione di governi e istituzioni.

Tra le altre cose Shirky ha discusso anche dell’ impatto di Napster sulla cultura e la società , la supernova della condivisione musicale dalla cui chiusura forzata è nata la rete decentralizzata Gnutella e i suoi molti successori (Gnutella 2, eMule, Kad, BitTorrent e via elencando). Per quanti sostenevano che Napster rappresentasse una sorta di “educazione” all’illegalità foriera di crimini anche peggiori, Shirky dice che l’era del primo, grande sistema di file sharing “è coincisa con la più grande riduzione nelle percentuali i crimini della storia documentata”.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 16 mar 2010
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