UK, la cura Mandelson è legge

UK, la cura Mandelson è legge

Una quasi deserta House of Commons ha approvato il disegno di legge che introdurrà in terra d'Albione disconnessioni e blocco dei siti. Il fuoco delle proteste è divampato, chiamando in causa l'Unione Europea
Una quasi deserta House of Commons ha approvato il disegno di legge che introdurrà in terra d'Albione disconnessioni e blocco dei siti. Il fuoco delle proteste è divampato, chiamando in causa l'Unione Europea

C’è chi l’ha definito come un momento agghiacciante per la privacy online e per la stessa fondamentale libertà di tutti i netizen. Altri hanno parlato di un vero e proprio insulto alle regole parlamentari, agli utenti di Internet, alla democrazia del Regno Unito.

“Negli anni 60, Mao disse ai suoi contadini di sterminare i passeri che mangiavano il grano, un editto che produsse una piaga causata dagli insetti che in genere venivano divorati dai passeri”. Così Mike Butcher, editor di TechCrunch Europe , che in un articolo pubblicato sul sito del Telegraph ha trovato la sua pietra di paragone: “Allo stesso modo, il Digital Economy Bill , cercando di tutelare gli interessi del copyright e punire il file sharing illecito, sta per creare una nuova cultura, in cui utenti e provider saranno inondati di minacciose lettere legali da parte dell’industria dell’intrattenimento”.

È così passata anche alla House of Commons la contestata cura Mandelson al torrentismo in terra d’Albione, quel Digital Economy Bill che si appresta ora a diventare legge dopo le firme puramente formali da parte dei Lords e l’approvazione finale da parte della Corona. Questione di pochi giorni, certamente prima delle elezioni nel Regno Unito, previste per il prossimo 6 di maggio. Una fretta duramente osteggiata da alcuni parlamentari e dalla maggior parte degli opinionisti, dopo che c’erano voluti due mesi per il sì dei Lords .

Ma la Camera dei Comuni è apparsa ai vari media britannici come uno sconcertante vuoto umano, una distesa di lunghi divani verdi, manco si trattasse del deserto del Gobi. Solo 40 parlamentari su 646 hanno partecipato al dibattimento, per decidere rapidamente se dare o meno il via libera ad una legge che in sostanza darà al Segretario di Stato britannico poteri ampliati, nella lotta a tutti i cattivoni del P2P.

E il semaforo verde si è acceso, con Lord Mandelson pronto a pigiare sull’acceleratore, per la felicità del tycoon di Hollywood David Geffen, che pare abbia per primo suggerito al Segretario di Stato di Sua Maestà il disegno di legge, nel corso di una cena a Corfù, in Grecia. Legge che ora obbligherà i vari provider ad avvisare gli utenti più negligenti, prima di soffocare lentamente le loro connessioni, fino alla misura estrema della ghigliottina in stile Sarkozy .

È passato il paragrafo 18 , nuova incarnazione della famigerata clause 17 . Le corti britanniche potranno ordinare un’ingiunzione nei confronti di quei particolari siti che si macchino di distribuzione di materiali illeciti , in violazione del copyright legato alle opere dell’ingegno. Si parla attualmente di siti che offrano in larga parte questo tipo di contenuti, ma è anche vero che il Segretario di Stato britannico potrà intraprendere particolari misure qualora emergano problematiche di sicurezza nazionale.

Dunque, vuoti alla House of Commons , ma anche estrema premura di arrivare ad una conclusione nel più breve tempo possibile. E infatti in questa velocità decisionale è stata annullata la broadband tax proposta dai laburisti, che intendeva destinare circa 170 milioni di sterline all’anno per lo sviluppo della banda larga , in particolare nelle zone rurali del Regno Unito. Un fondo che aveva tuttavia un costo per gli utenti: mezza sterlina in più al mese per ogni utenza telefonica.

Questo in pratica potrebbe mandare a monte i piani dei laburisti, che intendevano raggiungere una copertura totale del 90 per cento entro l’anno 2017 . I conservatori avevano fortemente osteggiato la broadband tax , volendo lasciare nelle mani del mercato lo sviluppo di servizi ad hoc. Ma gli esiti del piano nazionale per la banda larga non sono proprio in cima ai pensieri di attivisti, pensatori ed esponenti politici, preoccupati non poco dalla mano governativa che presto si abbatterà sulla Rete.

Un grande dito medio ha campeggiato sulla homepage del sito di Open Rights Group , organizzazione a difesa dei diritti di tutti i netizen. Un dito medio gigante come risultato di “ciò che il parlamento britannico pensa del vostro diritto d’accesso a Internet”. L’organizzazione ha così messo a disposizione degli utenti una serie di linee telefoniche, con l’obiettivo di alimentare la protesta nei confronti dei Commons . Già 20mila cittadini britannici avevano comunque contattato i propri rappresentanti politici per esprimere il proprio parere sul Digital Economy Bill.

Aspre critiche sono poi piovute dalle parole online di Richard Stallman, fondatore del progetto GNU e della Free Software Foundation . Stallman ha notato una contraddizione in termini, nel voler allargare in terra britannica le connessioni a banda larga e allo stesso tempo esiliare dalla Rete gli stessi cittadini. Più broadband dovrebbe quindi significare maggiore tutela sulla questione del file sharing, non un pugno duro da parte di un governo sostanzialmente asservito alle lobby del cinema e del disco.

Stallman si è interrogato sui possibili metodi per supportare le arti nell’era digitale, senza la necessità di impedire in maniera coatta la condivisione di contenuti. “La mia proposta del lontano 1992, su una tassa specifica da distribuire dagli artisti più popolari verso quelli di minor successo, rimane ancora applicabile. Se si applicasse un pulsante su ogni player, del tipo send-one-dollar o send-one-pound , questo metodo funzionerebbe meglio. Senza disconnettere alcun netizen”.

“Disconnessioni senza processo, responsabilità agli ISP per i contenuti veicolati dai clienti, censura discrezionale del World Wide Web e registrazione dei domini controllata dal governo stesso sono gli ingredienti forti, in spregio a diverse direttive europee, del piatto preparato dalle major dell’intrattenimento e votato da politici britannici”. Così un riassunto dei fatti ad opera di un articolo di Paolo Brini, sul blog del Movimento ScambioEtico .

Il tutto mentre la sezione britannica del Partito Pirata ha sottolineato quanto poco importi agli MP d’Albione lo stesso futuro del progresso artistico e della tecnologia ad esso correlata. Un’ombra ha quindi aleggiato sul dibattito alla Camera dei Comuni, alla notizia – poi smentita con un cinguettio su Twitter – della temporanea prigionia di Rick Falkvinge , leader del Piratpartiet svedese.

Sembra prospettarsi una nuova battaglia: il fronte delle associazioni a tutela dei diritti digitali continuerà a combattere. Per il rispetto della Direttiva Europea sul commercio elettronico a difesa della neutralità degli intermediari, per il rispetto dei principi condensati nel Pacchetto Telecom , a difesa del diritto ad esprimersi e ad informarsi dei cittadini della rete.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
8 apr 2010
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