Il nanofuturo non ci massacrerà

Il nanofuturo non ci massacrerà

di Alberigo Massucci. Tra 30 anni la miniaturizzazione consentirà di inviare dei nanorobot nel flusso sanguigno. Lo sostiene Kurzweil, che contraddice Bill Joy e Arthur Clarke senza sapere che sta parlando dei Borg di Star Trek
di Alberigo Massucci. Tra 30 anni la miniaturizzazione consentirà di inviare dei nanorobot nel flusso sanguigno. Lo sostiene Kurzweil, che contraddice Bill Joy e Arthur Clarke senza sapere che sta parlando dei Borg di Star Trek

Roma – Quando Bill Joy, cofondatore di Sun Microsystems, annunciò al mondo che il futuro era nero perché la nanotecnologia avrebbe portato nelle mani di pochi tecnologie capaci di fare molto, anzi troppo, lo shock fu profondo. Perché a dirlo non era un luddista di vecchia data ma una delle menti più dinamiche dell’innovazione tecnologica.

La visione di Joy è durissima: la nanotecnologia, così come la biogenetica, consentirà ad un singolo individuo di avere nelle proprie mani un potere devastante e toglierà ai militari l’esclusiva potenzialità delle distruzioni di massa.

L’allarme è chiarissimo: dopo le atomiche, l’incubo dell’ umanità saranno i virus artificiali e i frutti della riduzione microscopica delle dimensioni delle macchine, il tutto accompagnato da una loro intelligenza in crescita esponenziale. Un futuro che assomiglia per Joy a scenari da fantascienza e che proprio la fantascienza ha insegnato a considerare come fantasia, come realtà distanti, “quando invece, sosteneva lo scienziato di Sun, queste cose sono qui, nel presente e nel prossimo futuro”.

E proprio uno dei massimi scrittori di fantascienza, forse il più grande di tutti, Arthur Clarke, invece di adirarsi per parole che colpevolizzano la fantascienza, nei mesi scorsi è venuto incontro a Joy, spiegando che quando i computer supereranno il livello intellettuale dell’uomo occorrerà solo sperare “che i computer ci trattino con benevolenza. Ma io temo che le macchine si sentiranno in diritto di trattarci come meritiamo”.

E se Clarke non vede una via di uscita, Joy s’illude di vederla e la colloca nel blocco alla ricerca nei “campi a rischio”. Decisione improponibile, oggi, e dal sapore utopistico.

E proprio perché è utopistica è irrealizzabile, risponde oggi un tecnologo e grande futurologo, Ray Kurzweil , imprenditore dell’alta tecnologia impegnato nello sviluppo dei sistemi avanzati, dall’intelligenza artificiale alla realtà virtuale, alla nanorobotica applicata, appunto. Kurzweil è ottimista “perché – dice – la tecnologia è anche oggi potenzialmente distruttiva e l’uomo ha una duplice natura, cattiva ma anche buona, positiva”. “Non possiamo credere – sostiene Kurzweil – alle predizioni di Bill Joy. Rappresentano un concetto non reale della tecnologia nella nostra società. Le tecnologie pericolose sono le stesse che ci offrono importanti benefici. La nanotecnologia non è un solo campo di sviluppo ma è l’inevitabile conseguenza della miniaturizzazione. Questo ci porta a pensare in termini di nanometri già entro 25 anni e non c’è modo di fermare quanto sta accadendo”.

E gli scenari che ipotizza in una recente intervista a news.com, disegnano nell’immaginario di un profano un Kurzweil che sta in mezzo tra un profeta di sventura e lo scienziato pazzo che si appresta a distruggere il mondo. “Entro 30 anni – sostiene con la massima tranquillità Kurzweil – la realtà virtuale farà parte del nostro cervello con la nanorobotica. La riduzione microscopica della tecnologia consentirà, nel meno evoluto degli scenari, di inviare nanorobot nel flusso sanguigno attraverso i capillari del cervello. Comunicheranno l’uno con l’altro grazie alla loro rete wireless locale e comunicheranno anche con i neuroni. In un ambiente di realtà simulata, questi nanorobot potrebbero sostituire i segnali dati al cervello in un contesto di realtà fisica”.

Parla Kurzweil e non accenna alla fantascienza che, ancora una volta, ha preceduto lo scienziato. La fantascienza di Star Trek e dei Borg, esseri in continuo contatto wireless tra di loro nel cui sangue scorrono “nanosonde” dalle molteplici funzionalità. Nanosonde frutto di un rapporto simbiotico e portato agli estremi tra materiale biologico e tecnologico.

“Lo sviluppo della tecnologia – insiste Kurzweil – è una medaglia a due facce. Una volta superato il problema della fattibilità, rimane quello relativo agli scopi. La mia idea è quella di una grande vigilanza da parte di scienziati responsabili, o della legge dove necessario, e di rispondere ai pericoli con tecnologie di sicurezza. I pericoli ci sono e sono notevoli”.

Kurzweil non sembra interessato al problema di una tecnologia potenzialmente distruttiva non più nelle mani di una collettività responsabile ma di un singolo. Con una certa nonchalance, afferma che “la tecnologia è potente, offre più potere all’individuo ed è intrinsecamente democratica, pur aprendo la porta a conseguenze potenzialmente distruttive. Ma se parliamo di questo, allora parliamo della doppia natura dell’uomo, creativa e distruttiva allo stesso tempo”.

Per Kurzweil, insomma, il pericolo non va sottovalutato ma lo sviluppo della tecnologia non si ferma, non si può fermare, e tutto quello che rimane è cercare di restare vigili, dove l’onestà intellettuale è, o meglio sarebbe, il vero baluardo. E conclude: “Entro il 2030 avremo macchine dotate di cervelli di qualità umana e sapremo come funziona l’intelligenza. La parte difficile non è far capire ad una macchina come giocare a scacchi o come guidare un missile nucleare. No, la parte difficile è farle fare quello che fanno i bambini, riconoscere i genitori, giocare con un cane”?

C’è da augurarsi che insegnare tutto questo alle macchine sia più difficile di quanto l’imprenditore Kurzweil sostenga. Con la speranza che Bill Joy abbia scritto quel suo articolo shock solo per scherzare. Così, per terrorizzarci tutti un po ‘.

Alberigo Massucci

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Pubblicato il
24 mar 2001
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