Musica, l'onda anomala di Steve Jobs

Musica, l'onda anomala di Steve Jobs

di Gilberto Mondi - Partito da una settimana, il sistemone di distribuzione musicale online di Apple ha già venduto più di un milione di pezzi a 99 centesimi di dollaro l'uno. Major e utenti sul punto di imparare una lezione
di Gilberto Mondi - Partito da una settimana, il sistemone di distribuzione musicale online di Apple ha già venduto più di un milione di pezzi a 99 centesimi di dollaro l'uno. Major e utenti sul punto di imparare una lezione


Roma – Sarà colpa del fanatismo dello zoccolo duro degli amanti del mac, sarà per l’innato fascino dei design Apple, sarà per l’imponenza del catalogo… Di certo non è trascurabile il fatto che in una settimana di vita il negozio di musica online della Mela abbia piazzato ai suoi clienti la bellezza di un milione di brani.

Se si guarda ai numeri si tratta di bruscolini rispetto alle decine di milioni di brani scambiati quotidianamente e gratuitamente sui network del peer-to-peer, ma se si guarda al business non ci sono precedenti di una vendita così colossale di musica in rete in così breve tempo.

Certo, le cifre sono quelle raccontate da Apple e, certo, sono i numeri che tanti sostenitori del business della musica a pagamento in rete attendono da lunghissimo tempo. Ma se si presta fede a qui numeri non basta ripetersi che il servizio è appena partito, che è un successo partorito dall’entusiasmo della prima ora, che sulla lunga distanza tutto potrebbe afflosciarsi. Non basta, perché nonostante il costo non proprio irrisorio dei brani (checché se ne dica, 99 centesimi di dollaro per un pezzo di musica industriale continua ad essere troppo) le cifre di vendita indicano anche che le esitazioni delle major verso gli internet jukebox non erano e non sono giustificate. Tanto più che i brani distribuiti da Apple possono essere manipolati quasi senza limiti dall’utente, con una flessibilità fino a ieri impensabile in un servizio legale.

Soffocare di bolli e controbolli Napster fino a farlo perire, inseguire per mezzo mondo i responsabili dei nuovi software di file-sharing, minacciare imprese, università ed enti pubblici, mostrare il muso duro del business agli utenti del peer-to-peer ha procurato due conseguenze all’industria. La prima è che il livello di diffidenza per questo business è aumentato esponenzialmente al punto che in tanti propongono addirittura uno sciopero dei consumi. La seconda è aver esplicitata l’incapacità del management di capire un mercato al quale non sa adattarsi.
E’ presto, d’accordo, ma è evidente che ci volesse Steve Jobs e il suo famoso intuito per smuovere le acque e mettere sotto il naso delle grandi sorelle della discografia per la prima volta il profumo elettronico dei soldi.

Per Apple tutto questo significa vendere meglio i suoi player di riproduzione e rastrellare altro denaro dagli utenti mac. Per le major significa doversi nuovamente sedere attorno ad un tavolo per capire chi va licenziato. Per gli utenti significa annusare il nuovo che avanza.

La vera sfida all’illegalità del peer-to-peer è ufficialmente iniziata.

Gilberto Mondi

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Pubblicato il
7 mag 2003
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