Mina: ancora, ancora e ancora...

Mina: ancora, ancora e ancora...

di G. Scorza - Con il passare degli anni e con l'evolvere della tecnologia i diritti d'autore non necessariamente si moltiplicano. Mettere a disposizione contenuti in streaming on demand è come trasmettere in TV
di G. Scorza - Con il passare degli anni e con l'evolvere della tecnologia i diritti d'autore non necessariamente si moltiplicano. Mettere a disposizione contenuti in streaming on demand è come trasmettere in TV

La notizia è ormai nota: il Tribunale di Milano con una bella Sentenza dello scorso 14 aprile ha respinto le domande con le quali la Sig.ra Anna Mazzini, al secolo Mina, aveva chiesto ai Giudici di ordinare a Fastweb e RAI di interrompere la diffusione al pubblico di alcune proprie esibizioni televisive andate in onda tra gli anni ’60 e ’70, e la loro condanna a pagare 500mila euro per aver illecitamente utilizzato i propri diritti d’autore rendendo disponibili, in modalità on demand, tali spettacoli.

Secondo Mina, infatti, la televisione ed internet – o meglio la trasmissione televisiva e la messa a disposizione di taluni contenuti in modalità streaming on demand – sarebbero due cose diverse e l’autorizzazione a suo tempo concessa alla RAI – quando la TV era ancora in bianco e nero ed internet non esisteva – non sarebbe sufficiente a legittimare l’attuale diffusione dei propri spettacoli con modalità tali da consentire a ciascun utente di accedervi nel momento scelto individualmente.
A leggere la Sentenza vien da dire, con una battuta, che la grande cantautrice italiana in questa occasione ha peccato di avidità, pretendendo di parcellizzare i diritti d’autore più di quanto il legislatore europeo – e quello italiano di conseguenza – non abbia sin qui fatto.

Dal ragionamento con il quale Mina ha “portato alla sbarra” Fastweb e RAI, traspare il convincimento dei legali della cantautrice secondo il quale, in buona sostanza, la diffusione di un contenuto audiovisivo in modalità on demand andrebbe assimilata alla messa a disposizione del pubblico di tale contenuto su dvd piuttosto che alla sua trasmissione televisiva.

Nella canzone cantata contro Fastweb e RAI – o se preferite nell’atto di citazione – scrivono, infatti, i parolieri – pardon i legali – della cantante che ” la c.d. tv interattiva e on demand costituisce una forma di sfruttamento economico diverso rispetto alla diffusione radiotelevisiva ” ed aggiungono che ” il servizio (n.d.r. di video on demand) prevede che l’utente abbia il controllo completo della sessione, potendo scegliere di fermare l’immagine, di andare indietro/avanti, di vedere le immagini con velocità diversa da quella normale, insomma di fruire di quanto scelto con modalità del tutto analoga a ciò che l’utente potrebbe fare nel caso in cui avesse acquistato un dvd con il medesimo contenuto… “.
Tale tipologia di servizio, secondo la difesa di Mina, consisterebbe, pertanto, in ” una comunicazione da punto a punto, diversa dalla comunicazione da punto a massa, tipica della televisione via etere “.

I versi della citazione – per restar alla metafora – non hanno, tuttavia, convinto la Giuria – ovvero il Collegio della Sezione di proprietà intellettuale del Tribunale di Milano – che, questa volta, non si è lasciato incantare dalle melodie della cantante e ha ritenuto di poter definire la questione attraverso la piana applicazione della lett. c) dell’ art. 80 della legge sul diritto d’autore che andrebbe interpretata unitariamente nel senso di prevedere che il diritto di comunicazione al pubblico in qualsiasi forma e modo a suo tempo ceduto dalla cantante alla RAI comprende – in assenza di qualsivoglia ragione che ne giustifichi una diversa lettura – anche la ” messa a disposizione del pubblico (n.d.r. dell’esibizione televisiva e/o, comunque di un contenuto audiovisivo) in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente (nonché) la diffusione via etere e via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo “.

Scrive, infatti, il Giudice nel provvedimento con il quale ha negato alla grande cantautrice un ennesimo “premio” per la sua opera, che ” in particolare alla lettera c) del secondo comma dell’art. 80, vengono regolate unitariamente le ipotesi della comunicazione al pubblico anche on demand delle prestazioni artistiche dal vivo… nonché della diffusione via etere e comunicazione via satellite delle prestazioni artistiche dal vivo e con riferimento ad entrambe le ipotesi viene prevista l’eccezione secondo la quale il diritto esclusivo (n.d.r. dell’artista) non è riconosciuto qualora le prestazioni siano rese in funzione di una loro radiodiffusione o siano oggetto di una fissazione utilizzata per la diffusione “.
Secondo il Giudice, in altre parole, l’emittente televisiva – a seguito della prestazione dell’artista finalizzata alla diffusione o oggetto di fissazione per la diffusione – disporrebbe di tutti i diritti necessari a comunicare al pubblico l’opera stessa in ogni modo o maniera – streaming, on demand, a mezzo internet o meno – con l’unica eccezione del diritto di porre la fissazione a disposizione del pubblico a mezzo download.

Tale ultimo caso, infatti, ricade nell’ambito di applicazione della lettera d) del secondo comma dell’art. 80 a norma del quale spetta all’artista, senza alcuna eccezione, il diritto di ” autorizzare la messa a disposizione del pubblico in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente, delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni “.

Non sarebbe dunque l’esistenza o meno di un palinsesto a delimitare la portata del diritto di comunicazione al pubblico di cui alla lettera c dell’art. 80 LDA e, ” contrariamente a quanto dedotto da parte attrice non (potrebbe) quindi distinguersi il settore dei servizi radiotelevisivi al quale si applicherebbe il diritto di diffusione, rispetto a quello dei servizi della società dell’informazione o interattivi, al quale si applicherebbe il diritto esclusivo di messa a disposizione del pubblico “.

La decisione non introduce nel nostro Ordinamento alcuna “rivoluzionaria” novità ma, ad essa, va, comunque, il merito di aver fatto chiarezza circa la portata di diritti quali quelli di comunicazione e diffusione al pubblico sin qui, spesso, apparsi avvolti da una nube di ambiguità. E, soprattutto, di aver probabilmente contribuito a diffondere la consapevolezza dello straordinario tesoro di spettacoli e prestazioni artistiche troppo spesso rimasto sepolto negli archivi delle emittenti televisive e non diffuso al pubblico attraverso i nuovi canali distributivi, proprio in ragione dei dubbi e delle perplessità circa la legittimità di tale eventuale condivisione.
La musica di Mina e le sue straordinarie interpretazioni in bianco e nero, forse, attraverso questa vicenda, varranno a garantire alle generazioni che verranno l’accesso ad un patrimonio culturale di raro valore che avrebbe, altrimenti, rischiato – e tuttora rischia – di rimanere nascosto in polverosi archivi per colpa di una diffusa sensazione di complessità nella gestione dei diritti d’autore che, talvolta, supera, persino, la realtà.

Ancora, ancora e ancora Mina verrebbe da scrivere riprendendo il titolo di uno dei tanti straordinari successi della cantante.
La vicenda, sotto un profilo più generale, impone di interrogarsi circa il senso, nell’era dell’accesso ormai da anni teorizzata da Jeremy Rifkin e nell’era dei servizi cloud dedicati i contenuti, ormai, nel quotidiano di ciascuno di noi, di distinzioni che appaiono figlie di epoche tecnologiche e culturali ormai lontane, nelle quali vi era una differenza – che può ormai dirsi scomparsa – tra possedere un’opera e poterne fruire.
Una volta di più, la controversia decisa dal Tribunale di Milano fa emergere il carattere anacronistico di talune declinazioni della legge sul diritto d’autore che – quale che sia la “parte” per cui si tifa – sembrano ormai aver fatto il loro tempo e necessitare più che di ulteriori modifiche ed integrazioni di un radicale ripensamento nel segno dell’immateriale.
L’arte e la cultura, come direbbe probabilmente Rifkin, sono ormai esperienze di vita delle quali fruire senza alcun bisogno di possederle in copia attraverso riproduzione o download.

Guido Scorza
Presidente Istituto per le politiche dell’innovazione
www.guidoscorza.it

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Pubblicato il
20 lug 2010
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