Android ancora nei guai, ancora per Java

Android ancora nei guai, ancora per Java

Gemalto, azienda poco nota al grande pubblico, si mette in scia di Oracle ed avanza pretese economiche. E, oltre a BigG, punta il dito contro HTC, Motorola e Samsung
Gemalto, azienda poco nota al grande pubblico, si mette in scia di Oracle ed avanza pretese economiche. E, oltre a BigG, punta il dito contro HTC, Motorola e Samsung

Android al centro di una nuova causa per presunta violazione di tre brevetti: a tirarla in ballo, stavolta, è Gemalto, azienda specializzata in smart card. Insieme a Google sul banco degli imputati ci sono HTC, Motorola e Samsung.

Gemalto accusa i produttori di hardware e il SO mobile di Mountain View di violare un brevetto su una tecnologia che permette il funzionamento di linguaggi di alto livello su device con risorse limitate: nello specifico , la possibilità di far girare Java su un cellulare e di programmare con questo linguaggio anche per le ridotte capacità di calcolo impiegate .

L’azienda, poi, parla in particolare delle tecnologie impiegate con le Java Card (marchio registrato Sun Microsystem, ma alcune delle tecnologie in esse impiegate sono state sviluppate da una divisione dell’azienda Schlumberger che, fondendosi con il il produttore di schede Gemplus ha dato vita a Gemalto) che permette ad app Java di girare su smart card (come schede SIM o ATM) e che sarebbero state impiegate anche da Google nelle applicazioni Google Talk, Google Maps, Google Voice, Google Calendar, Gmail, Google Finance, Google Contacts e Google Shopper.

Una questione simile, la Dalvik virtual machine di programmazione Java per Android, è alla base della causa intentata da Oracle contro Google. E in quel caso Google si è difesa affermando si esser partita da zero per la sua programmazione.

Un portavoce dell’azienda ha riferito che “Gemalto è conosciuta per essere stata un pioniere e aver contribuito significativamente a JavaCard, uno dei dispositivi per il quale le tecnologie brevettate sono state concepite”. La causa depositata ora presso un tribunale del Texas, ha spiegato ancora, “è necessaria a proteggere i nostri investimenti nel campo dell’innovazione”. E quindi è più probabile che punti a remunerare via royalty e non che cerchi di escludere dal mercato Android. Anche perché arriva, come le altre, nel momento in cui il SO di Google sta guadagnando fette di mercato (mentre ha esordito dal 2008 e le tecnologie Java Card sono in giro dagli anni ’90).

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
26 ott 2010
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