Suzette, un bot molto umano

Suzette, un bot molto umano

La creatura di Bruce Wilcox vince l'ultima edizione del Premio Loebner. Tra le qualità della "ragazza" spicca la capacità di orientare la conversazione
La creatura di Bruce Wilcox vince l'ultima edizione del Premio Loebner. Tra le qualità della "ragazza" spicca la capacità di orientare la conversazione

La sua qualità più spiccata è quella di essere un’ ottima conversatrice . Si chiama Suzette e di professione fa il bot. La creatura costruita da Bruce Wilcox è balzata agli onori delle cronache scientifiche per aver vinto il Premio Loebner , facendo guadagnare al suo ideatore un gruzzoletto di 3mila dollari.

La prova in questione costituisce una versione particolare del Test di Turing e si propone di individuare l’intelligenza artificiale dotata di autocoscienza . Nella pratica , i giudici intrattengono una conversazione via chat con una macchina e un essere umano e, dalle risposte ottenute, sono chiamati a distinguere il software dal cervello. La conversazione dura venticinque minuti e copre cinque temi.

Sembra proprio che i commissari dell’ultima edizione del Loebner siano stati colpiti dalle doti umane di Suzette, capaci di condurre in errore più di una controparte. I bot in gara nelle edizioni precedenti erano riusciti ugualmente nell’obiettivo di “ingannare” i giudici, ma in un lasso di tempo inferiore a cinque minuti. Suzette, invece, è stata programmata per rispondere a un certo numero di argomenti, ognuno dei quali associato a regole e risposte. Se il robot fatica a collegare le richieste con le reazioni, è programmato per spostare la conversazioni su aree più familiari. “Suzette è stata sempre sintonizzata sull’essere umano e non sull’essere robot”, afferma Wilcox, suo unico genitore.

Secondo Robby Garner, studioso di lingue naturali il cui bot ha vinto il Loebner nel ’98 e ’99, l’ultima edizione del concorso è stata una delle migliori negli ultimi tempi in termini di complessità e ingegneria . Tuttavia, puntualizza Garner, il giudice “ingannato” non è automaticamente sintomo di abilità della macchina. Spesso accade, infatti, che gli umani siano spinti ad assumere comportamenti imitativi del chatbot, caso che sembra essere proprio quello di Suzette: nell’ultimo round, la cratura di Wilcox è stata accoppiata a un umano che tendeva ad avere comportamenti “robotici” e che, per questo motivo, ha condotto in fallo i giudici. E il bot alla vittoria.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
27 ott 2010
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