Berners-Lee: Apple e Facebook soffocano il web

Berners-Lee: Apple e Facebook soffocano il web

In un lungo articolo apparso tra le pagine di Scientific American l'allarme sul world wide web in pericolo. Minacciato da ecosistemi isolati di dati o piattaforme recintate e proprietarie
In un lungo articolo apparso tra le pagine di Scientific American l'allarme sul world wide web in pericolo. Minacciato da ecosistemi isolati di dati o piattaforme recintate e proprietarie

Si intitola Lunga vita al Web , ed è un lungo articolo che verrà pubblicato sul numero di dicembre della rivista statunitense Scientific American . Un saggio apparso in anteprima sul sito dello stesso magazine a stelle e strisce, firmato dal padre del www, sir Tim Berners-Lee. Sei pagine per spiegare al mondo perché Internet sia un sinonimo di libertà e democrazia , ma anche come un pugno di nuovi protagonisti della Rete minacci quegli stessi principi che da più di un decennio ne rappresentano l’intima forza.

“Il web si è evoluto in uno strumento potente e ubiquo – ha esordito Berners-Lee – dal momento che è stato costruito su principi di uguaglianza nonché sul lavoro di migliaia di individui, università e aziende. Che hanno agito sia in maniera individuale che collettiva come parte del World Wide Web Consortium, affinché lo stesso web potesse espandere le sue possibilità”. Ma il web attuale sarebbe in pericolo, minacciato sotto diversi aspetti.

Alcuni dei nuovi protagonisti dell’IT avrebbero cioé gettato più di un’ombra su un principio fondamentale per la Rete, quello relativo alla sua universalità. Il web rischierebbe così di frammentarsi in una sorta di arcipelago, fatto di tante isole separate , ambienti chiusi in se stessi e dunque slegati da quello che invece dovrebbe essere un unico, gigantesco universo fatto di bit. Ma di quali isole ha parlato Tim Berners-Lee?

Innanzitutto da quelle potenzialmente create da social network come Facebook e Friendster. Siti il cui valore si baserebbe sulle informazioni fornite dagli utenti , aggregate in giganteschi database in attesa di un inevitabile sfruttamento commerciale. “Ognuno di questi siti rappresenta come un silo – ha spiegato Berners-Lee – separato rispetto agli altri. Una volta che si immettono dei dati verso uno di questi servizi, non è facile riutilizzarli in un altro spazio”.

Come dire che le varie pagine personali rimangono presenti in un unico ambiente web, mentre tutte le informazioni inviate o i contenuti postati vengono recintati in quello che in lingua inglese viene chiamato walled-garden . Un ambiente recintato, contrassegnato dalla effe in blu di Facebook o dai profili curriculari di LinkedIn. Ma non di soli social network ha parlato il padre del web. Una decisa stoccata è arrivata a colpire operatori del cavo e provider della Rete .

Il tema è di quelli delicati. “Cosa succederebbe se il vostro provider vi offrisse una connettività più veloce per raggiungere un determinato negozio online di scarpe e al contempo vi complicasse l’accesso agli altri? – si è chiesto Berners-Lee a proposito di neutralità della Rete – Sarebbe un controllo molto potente. Cosa succederebbe se il vostro provider vi complicasse l’accesso a determinati siti, che parlino di una fazione politica o di una particolare religione?”.

Il baronetto del web si è poi scagliato contro Apple, rea di promuovere una visione proprietaria della Rete . In particolare, la piattaforma iTunes rinchiuderebbe i propri utenti in una sorta di mercato obbligatorio, invece di indirizzarli verso un ambiente aperto. L’evoluzione futura dello stesso web sarebbe così limitata ad un pensiero indotto da società come quella di Cupertino. Berners-Lee ha dunque sottolineato come gli indirizzi interni alla piattaforma di Apple inizino sempre con itunes: piuttosto che con http:

“Non si può linkare a qualsivoglia informazione nel mondo di iTunes – si può leggere ancora – Non si può inviare quel link a qualcun’altro. Non si è più sul web”. Web che andrebbe invece preservato, sempre secondo Berners-Lee, proprio nella sua integrità e universalità. La strada da percorrere andrebbe perciò verso gli standard aperti, non verso ecosistemi chiusi e centralizzati come quelli social o al gusto Mela. 

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Pubblicato il
22 nov 2010
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