Microsoft e Uniloc, autenticazione autenticata

Microsoft e Uniloc, autenticazione autenticata

Nuovamente condannata Redmond per l'impiego di un metodo di verifica brevettato. La Corte impone però la revisione del metodo di calcolo dei danni. E la giurisprudenza sta a guardare
Nuovamente condannata Redmond per l'impiego di un metodo di verifica brevettato. La Corte impone però la revisione del metodo di calcolo dei danni. E la giurisprudenza sta a guardare

La Corte d’appello federale specializzata in casi brevettuali ha riaperto il contenzioso che vede coinvolte Uniloc, azienda sviluppatrice software, e Microsoft. Ennesimo ribaltone nella vicenda, che ora vede il giudice mettere in discussione anche la dottrina finora utilizzata per il calcolo forfettario dei danni conseguenti ad un’infrazione brevettuale .

Uniloc offre in particolare sistemi di autenticazione, tra cui uno che prevede la singola attivazione online subito dopo l’installazione del programma acquistato. Un’autenticazione brevettata (titolo numero 5,490,216) che il proprietario afferma essere troppo simile alla procedura adottata da Microsoft per le copie di Windows XP, Windows 2003 e Office .

Nel primo grado di giudizio Microsoft era stata trovata colpevole e condannata a pagare una multa di 388 milioni di dollari per infrazione di brevetto , poi in appello la corte aveva ribaltato questa sentenza, ritenendo eccessiva la somma pattuita e respingendo il caso come infondato (e anche “ridicolo”), valutando i due tipi di autenticazione diversi sia per procedure che per l’algoritmo alla base del rispettivo funzionamento.

Ora, il nuovo grado di giudizio apre di nuovo la questione : ha cancellato la vittoria di Microsoft, trovata nuovamente colpevole ( considerandola stavolta incappata in una violazione “non volontaria”), e ha stabilito che occorre nuovo processo per ridefinire la portata della multa, dal momento che gli iniziali 388 milioni sarebbero “fondamentalmente corrotti” dalla cosiddetta “regola del 25 per cento”.

Per negare il primo calcolo, infatti, la corte d’appello federale ha messo mano alla giurisprudenza andando alla ricerca di una nuova disposizione in materia: ha affermato che non userà più la regola finora adottata secondo cui l’azienda che infrange un brevetto altrui deve pagare una somma forfettaria pari al 25 per cento dei profitti attesi dal prodotto che lo utilizza.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
5 gen 2011
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