Pirateria, i numeri del 2010

Pirateria, i numeri del 2010

Presentata a Roma la ricerca IPSOS sulla circolazione di contenuti fuori dai canali ufficiali: nessuna novità. Ma si guarda al modello francese per invertire la tendenza
Presentata a Roma la ricerca IPSOS sulla circolazione di contenuti fuori dai canali ufficiali: nessuna novità. Ma si guarda al modello francese per invertire la tendenza

È un’insolita comitiva quella che introduce la ricerca IPSOS 2011 sullo stato della pirateria in Italia. A presiedere è Fabrizio Del Noce, ora direttore di RaiFiction, che esordisce chiedendosi e chiedendo al pubblico “Non so se siano mai stati fatti incontri antipirateria di questo tipo”. A fianco a lui i soli Filippo Roviglioni, presidente della FAPAV (Federazione Anti Pirateria Audio Visuale), e il commissario dell’Agcom Stefano Mannoni. Seduto in sala e pronto ad intervenire Nicolas Seydoux, presidente ALPA (Association de Lutte contre la Piraterie Audiovisuelle), uno dei principali sponsor e fautore della nota legge antipirateria francese, chiamato ad illustrare la normativa francese e a rispondere in prima persona alle “solite accuse”.

Dopo i consueti moniti e cassandre introduttive sulla fine dell’intrattenimento e della produzione intellettuale, è Pagnoncelli di IPSOS ad annunciare come questo report, che arriva a due anni dall’ultimo, presenti una situazione sostanzialmente identica al precedente. La cosa è al tempo stesso una non-notizia e una notizia, perché nonostante le misure, le richieste e i molti dibattiti avvenuti in Italia nel 2010, il 37 per cento dei 2.017 intervistati si è dichiarato pirata (il 5 per cento in più del 2009). Si tratta di italiani scelti per essere rappresentativi di tutti i sessi, le età, le provenienze e i segmenti socio-economici.

Il perché di un tale immobilismo sembra chiaro a Roviglioni: “L’approccio della privacy con la sua interpretazione severa non ha permesso una serie di azioni necessarie, ma dopo questo periodo di inerzia e di difficoltà di applicazione ora il ministro Romani ha spostato i meccanismo di controllo all’Agcom, un passaggio che riteniamo molto positivo”. A Roviglioni fa eco Mannoni dell’Authority: “I fatti dimostrano una crescita del fenomeno e l’inadeguatezza delle norme, cosa che spero ci farà superare la demagogia che finora ha imperato. È inutile in Italia continuare ad invocare il giudice perché si rischia di rimandare tutto alle calende greche. Ecco perché da noi il modello americano non può reggere, in Francia invece il giudice coopera con l’amministrativo mentre da noi non è così”.

La ricerca diretta da Federico Galimberti mostra come, a fronte di un aumento della propensione a rimanere in casa degli italiani (dato che si riscontra anche in virtù dell’aumento di fruizione televisiva), ci sia un stato aumento della pirateria, specie di quella indiretta, ovvero quella dei DVD prestati, visti in compagnia o in famiglia. Se da una parte il profilo del pirata che esce dalla ricerca è sempre il medesimo (principalmente tra i 15 e i 34 anni, buona istruzione, con una forte propensione all’uso tecnologico), dall’altro i dati di soddisfazione dichiarata rispetto alla qualità del materiale scaricato illegalmente sono in crescita, smentendo il mito della qualità (quello secondo il quale il consumatore cerca sempre il prodotto di qualità) spesso sbandierato dai produttori di hardware come dall’antipirateria.

Altro dato interessante, che per la prima volta esce con decisione da un ricerca di questo tipo, è quello secondo il quale, del campione esaminato, il 72 per cento di chi scarica abitualmente contenuti protetti da copyright sarebbe interessato ad un’offerta legale, particolarmente nel caso questa prevedesse la disponibilità dei contenuti video usciti in contemporanea su tutti i mezzi (cinema, home video, download) o usciti in contemporanea mondiale. Addirittura un 24 per cento degli interessati dichiara che non scaricherebbe più illegalmente nel caso di offerte simili.

Questo introduce il dato secondo il quale circa il 50 per cento delle motivazioni che spingono alla pirateria giri intorno al risparmio e alla comodità di accesso (rapido e casalingo). Motivazioni quindi che potrebbero facilmente essere estinte o attenuate qualora la suddetta offerta (completa, libera e accessibile a prezzi minimi) fosse messa in piedi.

Infine una piccola postilla su una questione tecnologico-cinematografica emersa assieme al ritorno della tecnologia 3D, cioè quella per la quale la tecnologia potrebbe avere anche una funzione di antipirateria. Secondo IPSOS i tre quarti degli intervistati che si sono dichiarati pirati ha visto, vuole vedere e vedrà film in 3D e nell’80 per cento dei casi sceglie di vederli al cinema. La seconda parte della presentazione è stata riservata a Nicolas Seydoux, presidente di ALPA, e evangelist di HADOPI. Dopo un lungo ed esaustivo monologo, riportato qui sotto in forma integrale, è stato possibile porre domande. Seydoux però non è parso incline a rispondere. Alla domanda su quali siano i suoi commenti al fatto che dopo un anno di HADOPI la parola “french” compaia al quinto posto tra le più cercate sui motori torrent (per la cronaca l’altra parola che indica una lingua a comparire è “hindi” al 37esimo posto), la risposta è stata: “Il download su Internet varia a seconda del successo di certi film in certi momenti. Ciò che viene scaricato di più è ciò che è più visto. Ed è vero che certe opere francesi hanno avuto un momento di forte successo che può aver fatto sembrare che fossero le più scaricate, specie quelle che interessano gli adolescenti di sesso maschile”.

Fatto notare che la risposta non centrava il punto della domanda, che il cinema francese di quest’anno non ha presentato clamorosi successi internazionali e che la parola “french” non indica che vengono cercati film francesi ma le versioni francesi di film stranieri, Seydoux ha risposto: “La prossima volta faremo vedere un nostro studio che stiamo per presentare in cui spieghiamo come avvenga il download delle versioni francesi dei film. Si tratta di un meccanismo uguale per tutti: prima arriva la versione americana in lingua originale, poi arriva quella del Quebec e poi arriva per ultima quella doppiata. Questa è poi la più scaricata. Del resto è il motivo per cui gli americani spesso fanno uscire i loro film in contemporanea mondiale”.

L’intervento di Nicolas Seydoux

Dieci anni fa, a New York, Steve Case di Warner durante una riunione mi trattò come un dinosauro. Per lui parlare di opere e contenuti voleva dire non far parte di quella new economy che non aveva dato bella prova di se stessa. Gli azionisti della Warner hanno poi capito che Steve Case non rappresentava il futuro e che il futuro erano i contenuti. A Bruxelles non hanno capito questo e per la prima volta nella storia i provider non sono stati considerati editori ma elementi ospitanti, non responsabili di quel che passa nelle loro reti.

Alcuni non credono quando dico che oggi il fatturato mondiale della musica è la meta di quello che era 7 anni fa. In Francia emerge la metà dei nuovi talenti che emergevano in precedenza e in alcuni paesi che non nominerò in tutto il 2010 non sono stati firmati nuovi contratti musicali. Per il 2014 e il 2015 per la musica registrata si prevede un fatturato pari al 10 per cento di quello che era all’inizio del secolo.

Il download illecito è una piaga più grossa in Francia che in Italia a causa della migliore dotazione di banda larga e delle tariffe inferiori. Anche per questo la Francia è tra i paesi europei con leggi molto severe per lottare contro l’industria del rasoi, prevedendo multe fino a 300mila euro o in alcuni casi la prigione. Cosa applicata effettivamente contro alcuni negozianti che sono stati pizzicati a rivendere copie contraffatte nel retrobottega.

Queste sanzioni sono tuttavia da considerarsi inefficaci per quel segmento tra i 15 o i 35 anni, da qui è nata l’idea di intervenire con tre azioni: prima informare e evangelizzare, poi avere un’offerta legale diversificata (in Francia oggi è possibile scaricare più di 5.000 titoli e su iPad più di 1.500, con prezzi di noleggio equivalente a quello dei film di catalogo: 2 euro per i più vecchi e 4 euro per i nuovi), infine per chi non si lasciasse sensibilizzare da questa campagna o non è stato attirato da questa offerta diversificata, nel caso di doppia recidiva interviene la sanzione.

È quella che noi chiamiamo la risposta graduale e che ci è stata copiata dagli americani senza nemmeno cambiare il nome. La chiave di volta di tutto questo meccanismo è che chi riceve il primo messaggio capisce che c’è un controllo e che i sistemi attuali consentono un vero monitoraggio dei contenuti.

Oltre a questo con il primo avvertimento viene anche inviata una lettera raccomandata al titolare dell’abbonamento internet, che ricorda le sanzioni che arriveranno se si insiste con un atteggiamento illegale. Gli studi fatti in Francia, negli Stati Uniti e in altri paesi mostrano che a quel punto l’85 per cento delle persone sarebbe pronta a mettere fine a quest’atteggiamento. Tutto questo però funziona solo a patto che poi la sanzione, l’ultimo stadio, sia credibile.

Per mettere a punto il meccanismo che ho illustrato, per noi che abbiamo inventato il diritto d’autore, ci sono voluti 5 anni e un Presidente della Repubblica compiacente. Eppure siamo stati accusati di tutto: di essere intrusivi nella corrispondenza individuale, di limitare la libertà individuale e di impedire l’accesso alle opere dello spirito. Non insisterò ancora su quest’ultimo punto, in Francia gli artisti votano quasi tutti a sinistra e accusare di impedire l’accesso alle opere di ingegno era una cosa tanto assurda che piano piano è scomparsa da sé. Per le libertà individuali poi c’era stato già l’intervento della Commissione europea, la quale aveva difeso la proprietà letteraria e artistica considerandola una libertà fondamentale, in accordo con il consiglio costituzionale francese che vede l’accesso ad internet una delle libertà fondamentali.

Una decisione molto importante, che per qualsiasi giurista rappresenta un cambiamento nel diritto positivo francese. Dovete capire quindi che il testo finale della legge HADOPI, votato dal parlamento e approvato anche dal consiglio costituzionale, ora rispetta questa nuova libertà fondamentale, consentendo solo al giudici, ed eventualmente, di intervenire con la sospensione dell’abbonamento e dell’accesso.

Si è infine detto del controllo sostenendo che improvvisamente chiunque poteva leggere le lettere d’amore che mando alla mia nuova amante. Cosa impossibile perché chi sorveglia il download illegale sorveglia solo le opere che vengono scaricate. L’ALPA è l’organismo che sorveglia i download per il cinema. Abbiamo alcuni agenti giurati che fanno questo ogni settimana su un certo numero di film e per un certo numero di ore di opere cinematografiche che portano una determinata impronta. Questo DNA particolare consente di sorvegliare solo e unicamente queste copie. E se per esempio stiamo controllando Il gattopardo siamo certi che si tratti della versione integrale, non di un falso, non di un remake e non di una versione porno, ma solo del film di Visconti.

Tutti questi meccanismi son stati messi a punto sotto l’egida della commissione nazionale informatica e libertà che controlla il nostro intervento, assicurandosi che sia che ignoriamo i nominativi di chi opera il download illegale sia che non penetriamo la loro corrispondenza.

A che punto siamo quindi? È un po’ presto perché esistiamo dall’autunno 2009 e solo ora stiamo diventando davvero operativi sviluppando rapidamente la nostra azione. Ad oggi il cinema da una parte e la musica dall’altra inviano ogni giorno 25.000 verbali rispetto a download illegali, mentre HADOPI da parte sua manda ogni giorno 1.000 mail di segnalazione sia per la musica che per il cinema. Dovrebbe arrivare ad inviarne 10.000 al giorno in primavera. Non posso fare un bilancio ma posso dire che se dovessimo fallire la situazione sarebbe drammatica per cinema, musica ed editoria.

Prima di venire qui ho incontrato i rappresentanti del sindacato dell’editoria francese i quali vorrebbero un meccanismo come il nostro. Penso che mai saremmo riusciti a convincere il Parlamento francese se tutte le industrie culturali non fossero state solidali in questo movimento. Ma quando si è di fronte ad una guerra mondiale le alleanze devono essere più forti delle differenze.

E mi rivolgo ai giornalisti per dire che non ho mai partecipato ad un’intervista telefonica e televisiva senza che mi chiedessero se fossi contro la cultura, contro i giovani o contro la diffusione di opere d’ingegno. Sia chiaro che rispetto la vostra opinione e alla fine rispondo sempre a chi mi fa questa domanda spiegando che anch’egli vende proprietà intellettuale, e se questa si trovasse gratis non avrebbe più nulla da fare o da vendere.

Si può pensare che siano i grandi musicisti o cineasti i più colpiti, ma sono invece le cinematografie e gli editori di musica più fragili ad essere più in difficoltà, rischiano addirittura di non essere mai conosciuti o pubblicati. Coloro che dicono che internet e il download illecito sono i mezzi per creare e offrire maggiore diversità in realtà non guardano le cifre. I download numericamente importanti sono quelli delle canzoni o dei film più importanti e già noti. Internet va nella direzione del già venduto e già conosciuto. Non è la biblioteca perfetta dove si va e si sceglie quelle cose che sarebbe più difficile accedere.

Su quest’apparecchio (uno smartphone, ndr) c’è scritto “design californiano assembled in china”, in tutte le società avanzate la difesa della proprietà intellettuale e artistica è un elemento fondamentale: dobbiamo tenere presente quanto sia importante per noi difendere la creatività nostra, è l’unico modo per l’Europa di cavarsela in un mondo sempre più complesso.

a cura di Gabriele Niola

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Pubblicato il
20 gen 2011
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