Fusione fredda, lo strano caso dell'Università di Bologna

Fusione fredda, lo strano caso dell'Università di Bologna

Due fisici emiliani sostengono di aver concretizzato uno dei sogni più sfuggenti della ricerca. Il loro reattore a fusione funziona, ma non sanno spiegare come. La comunità scientifica resta scettica
Due fisici emiliani sostengono di aver concretizzato uno dei sogni più sfuggenti della ricerca. Il loro reattore a fusione funziona, ma non sanno spiegare come. La comunità scientifica resta scettica

Sta facendo molto discutere la recente “impresa” di Sergio Focardi e Andrea Rossi, ricercatori dell’Università di Bologna che sostengono di aver sviluppato un nuovo design di reattore nucleare “portatile” in grado di generare energia attraverso un processo di fusione a temperatura ambiente. Nei giorni scorsi il reattore è stato presentato a un piccolo gruppo di spettatori e giornalisti, ma la comunità internazionale continua a professare scetticismo per via della mancanza di spiegazioni teoriche sul principio di funzionamento della tecnologia .

In molti hanno provato a “ingabbiare” il processo chimico-fisico che si verifica al centro delle stelle – la fusione di due atomi in un elemento differente con la conseguente generazione di spaventose quantità di energia – replicandolo a temperature meno estreme di quelle esistenti nei succitati nuclei stellari. Tutti hanno sin qui fallito, o per lo meno non sono riusciti a passare l’indispensabile test del “peer review” – la valutazione di studi e ricerche da parte di scienziati terzi e pubblicazioni specializzate.

Altrettanto fallimentare è stato finora il tentativo di Focardi e Rossi, con il loro studio inesorabilmente bocciato dalle riviste di settore per mancanza di spiegazioni teoriche sul funzionamento del loro reattore . Ma i due bolognesi non si sono dati per vinti, hanno dato origine al “blog di esperimenti nucleari” Journal of Nuclear Physics e hanno invitato stampa e colleghi a presenziare alla prima dimostrazione pratica della loro tecnologia.

Il reattore di Focardi e Rossi fonde atomi di nichel e idrogeno generando rame e liberando grosse quantità di energia: l’energia necessaria per la sua accensione è di 1.000W, ma scende a 400W dopo pochi minuti ed è utile a produrre 12.400 W con un guadagno energetico 31 volte superiore alla potenza in entrata. I ricercatori stimano il costo di produzione elettrica a meno di un centesimo per kilowattora, molto meno di quanto necessario agli impianti a carbone o gas naturale.

Per Focardi e Rossi il reattore funziona, e l’avvenuta fusione sarebbe confermata dalla produzione di rame e dal rilascio di energia corrispondente . Giuseppe Levi, scienziato dell’Istituto Nazionale di Fisica che ha collaborato all’organizzazione della conferenza stampa, conferma la produzione di 12KW e pianifica di redigere un rapporto con le sue considerazioni sul reattore bolognese.

I due fisici emiliani ammettono di non essere in grado di spiegare il perché, il principio teorico su cui si basa la loro tecnologia, ma promettono di passare dalla fase di sperimentazione a quella della produzione di massa del reattore nel giro di tre mesi. Il nostro giudice sarà il mercato, dicono Focardi e Rossi, e il mercato giudicherà la validità del nostro lavoro spazzando via congetture, ipotesi e criticismo.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
25 gen 2011
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