Google, il Texas va a fondo

Google, il Texas va a fondo

Chiesti documenti sui prezzi dell'advertising, sulle funzionalità di ricerca legate allo shopping online e sulle dinamiche di PageRank: prosegue l'indagine per presunte violazioni antitrust
Chiesti documenti sui prezzi dell'advertising, sulle funzionalità di ricerca legate allo shopping online e sulle dinamiche di PageRank: prosegue l'indagine per presunte violazioni antitrust

L’indagine texana per le accuse di violazione antitrust mosse nei confronti di Google sta entrando nel vivo : il procuratore generale ha chiesto a Mountain View di fornire le informazioni relative ai prezzi dell’advertising, alle funzionalità di ricerca legate allo shopping online e al sistema con cui vengono classifica i risultati di una ricerca e le inserzioni pubblicitarie.

Il procuratore generale del Texas aveva aperto un’investigazione nei confronti di Google sulla falsariga di quella condotta dalle autorità europee : l’accusa è stata originariamente mossa in tre diverse occasioni da Foundem, SourceTool/TradeComet e myTriggers, tre motori di ricerca tematici che accusano Mountain View di aver manipolato i risultati delle sue ricerche per degradarli in quanto concorrenti diretti.

Ora il procuratore “sta valutando se esista la possibilità di una monopolizzazione del mercato dell’advertising nella ricerca online”. E sta cercando documenti che possano confermare qualche forma di alterazione manuale dei risultati. Richiesti, nello specifico , i documenti relativi ai siti di shopping come Froogle, Google Product Search e Google Shopping.

Un portavoce di Google ha riferito di star collaborando con l’ufficio del procuratore per rispondere ad ogni sua domanda: “Da quando ha esordito Google abbiamo cercato di fare la cosa giusta per i nostri utenti e il nostro settore. C’è sempre spazio per migliorarsi, ma ci impegniamo sempre per la massima correttezza e onestà”.

Amit Singhal, invece, uno dei custodi di PageRank, ha dichiarato che l’algoritmo che cataloga i risultati è influenzato solo da ogni click singolo degli utenti, adattandosi alle loro preferenze: cambiarlo in seguito ad una richiesta legislativa non farebbe che peggiorare il servizio offerto agli utenti.

Il caso è peraltro complicato dal fatto che Google aveva sottolineato come ci fossero legami tra Foundem e Microsoft, e anche alcuni degli avvocati delle altre due aziende avessero in passato lavorato a Redmond.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
16 feb 2011
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