Il microscopio 3D con un occhio solo

Il microscopio 3D con un occhio solo

Ricercatori statunitensi trovano il modo di visualizzare in stereoscopia campioni ingranditi, utilizzando una singola lente progressiva
Ricercatori statunitensi trovano il modo di visualizzare in stereoscopia campioni ingranditi, utilizzando una singola lente progressiva

I microscopi 3D attuali utilizzano più lenti o più telecamere, che si muovono intorno all’oggetto per ricreare un’immagine tridimensionale. Ora, grazie all’invenzione degli ingegneri della Ohio State University , sarà possibile utilizzare una sola lente per esaminare un elemento microscopico da nove differenti punti di vista.

Il prototipo della lente progressiva, grande quanto un’unghia, è intagliato come una sorta di diamante. Intorno alla parte centrale dell’ottica free-form ci sono infatti otto impercettibili sfaccettature, asimmetriche. Geometrie che servono a inquadrare il campione da ulteriori prospettive. Queste diverse immagini vengono inviate ad un computer che, in tempo reale, le combina in una unica immagine elaborata in 3D. In questo esempio è possibile osservare l’effetto sulla punta di una penna.

La tecnica free-form , utilizzata per personalizzare gli occhiali e consentire una corretta visione a qualunque distanza, permette di progettare la superficie della lente punto per punto, sia dentro che fuori. Utilizzando questo sistema, che in pratica combina tanti microscopi in un unico microscopio, sarà quindi possibile ridurre la dimensione e il numero delle attrezzature da utilizzare in laboratorio. Ma anche i produttori di microelettronica potrebbero trarre vantaggio da una soluzione di questo tipo.

Per realizzare gli intagli del prototipo presentato, i ricercatori hanno lavorato l’ottica termoplastica utilizzando una tecnica “artigianale” con un macchinario apposito, ma assicurano la possibilità di una produzione in serie, per abbattere costi e tempi, con le tradizionali tecniche di stampa. La ricerca dietro questo primo concept è stata finanziata anche dalla National Science Foundation statunitense.

Roberto Pulito

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Pubblicato il
1 apr 2011
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