USA, se la mail non vale il copyright

USA, se la mail non vale il copyright

Secondo un giudice statunitense i messaggi appartenenti a mailing list non possono essere protetti da copyright. L'elemento decisivo è la presenza o assenza di creatività
Secondo un giudice statunitense i messaggi appartenenti a mailing list non possono essere protetti da copyright. L'elemento decisivo è la presenza o assenza di creatività

La mail in questione non è abbastanza creativa per essere protetta da copyright . Così un giudice d’Oltreoceano ha motivato la sentenza di rigetto nei confronti delle richieste di Kenneth Stern, autore della mail e responsabile della denuncia per violazione di copyright nei confronti di una persona che aveva inoltrato il messaggio fuori dal gruppo dii destinatari originale.

Nelle 30 pagine di motivazione, il giudice Dolly Gee ha affermato che la mail di Stern è del tutto priva di originalità e, per questo, il certificato di protezione ottenuto dal Copyright Office statunitense risulta non valido.

Questa la ricostruzione dei fatti: Stern invia un messaggio di 23 parole (in cui sono citati i nomi di due aziende) a 23000 colleghi dell’associazione per la difesa di consumatori (CAALA) di Los Angeles, includendo un allegato. A questo punto, Robert Weinstein, membro anch’egli del CAALA, inoltra il contenuto della mail alla propria sorella, cliente delle aziende nominate, che, a loro volta, rispondono al mittente originario.

Così, Stern decide di citare in giudizio Robert e Sara Weinstein per violazione del copyright. I Weinstein decidono di affrontare il contenzioso sostenendo che la mail non possa essere protetta da copyright e chiedendo alla corte di esprimersi a riguardo prima che la questione arrivi al processo regolare.

Questo il nucleo centrale della decisione : “La concessione di copyright su un testo breve dipende dalla presenza di creatività. La frase di apertura di una poesia può contenere sufficiente creatività per giustificare la protezione del copyright mentre una frase in prosa della stessa lunghezza no. (…) Il post del querelante, invece, non mostra nessun tipo di creatività poiché il contenuto è dettato solo da considerazioni funzionali”.

Secondo la Corte, dunque, la denuncia e la pretesa di protezione a mezzo copyright appaiono azioni “frivole”. Giudicando la richiesta come fumosa e generica, il giudice invita a riformularla. Kenneth Stern ricorrerà in appello.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
14 apr 2011
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