USA, una bionda per un licenziamento

USA, una bionda per un licenziamento

Una corte del Wisconsin ha giudicato colpevole un docente, licenziato per aver ricercato su Google immagini considerate pornografiche. Pur sapendo di essere controllato dal proprio datore di lavoro
Una corte del Wisconsin ha giudicato colpevole un docente, licenziato per aver ricercato su Google immagini considerate pornografiche. Pur sapendo di essere controllato dal proprio datore di lavoro

67 secondi davanti a immagini troppo esplicite bastano per essere licenziati. È quanto accaduto a un professore di biologia statunitense colto a guardare alcune fotografie pornografiche e, per questo, sollevato dal proprio incarico.

Robert Zellner, docente presso la Cedarburg School District del Wisconsin, avrebbe utilizzato un PC della scuola per soffermarsi poco oltre il minuto su qualche immagine hot. L’aver ammesso la propria colpa non è bastato a dissuadere la dirigenza scolastica dalla volontà di licenziare il docente accusato di aver violato il regolamento interno .

La questione legale rilevante, scoppiata nel 2005, riguarda l’ipotesi che comportamenti del genere possano essere causa sufficiente per il licenziamento. Zeller aveva denunciato la scuola sostenendo che il vero motivo del suo sollevamento attenesse all’attività sindacale svolta all’interno della scuola: in questo modo, sosteneva il docente, ci si trovava in presenza di una violazione del Primo Emendamento. Una sorta di rappresaglia che, secondo Zeller, il Capo d’istituto avrebbe lanciato contro di lui prendendo a pretesto la parola ” blonde ” digitata come chiave di ricerca su Google da parte del docente.

Dopo essere stato considerato colpevole in primo grado di giudizio, Zeller si è rivolto alla Corte d’Appello del Wisconsin che ha confermato la prima sentenza sostenendo che si trattasse di una decisione al tempo stesso giusta e non discriminatoria.

Il caso rimanda, ancora una volta, alla questione del monitoraggio delle attività svolte dai dipendenti sul luogo di lavoro . Tuttavia, sostengono i giudici a stelle e strisce, pur sapendo di essere sotto osservazione, il docente risulta colpevole perché ha dapprima disattivato intenzionalmente il filtro di sicurezza di Google e, successivamente, guardato immagini vietate per un periodo di tempo giudicato non accidentale.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
11 mag 2011
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