Contrappunti/ La voglia di cambiare la TV

Contrappunti/ La voglia di cambiare la TV

di M. Mantellini - La battaglia tra Current e Sky non accenna a scemare. Di mezzo ci finisce il modo di intendere la pluralità dell'informazione. E quale sia il futuro della distribuzione e della fruizione dei contenuti
di M. Mantellini - La battaglia tra Current e Sky non accenna a scemare. Di mezzo ci finisce il modo di intendere la pluralità dell'informazione. E quale sia il futuro della distribuzione e della fruizione dei contenuti

La grande polemica che ha coinvolto negli ultimi giorni il network satellitare Sky e Current TV , che in Italia sui trasponder di tale network trasmette, si è giocata a colpi di interviste in TV, mail rese pubbliche, incontri a porte chiuse con i blogger, ampie discussioni sui social network. Come spesso accade in questi casi i termini utilizzati sono stati, da una parte quelli ingombranti del diritto alla libertà di espressione, della censura, della oscura trama politica, dall’altra quelli ampi e conosciuti legati alla retorica del libero mercato.

Current chiude per una censura imposta da Murdoch e da Berlusconi all’unico network televisivo libero dai condizionamenti del capitale e della politica, come ha sostenuto Al Gore durante la sua rapida offensiva mediatica italiana, o la sua estromissione dall’offerta televisiva satellitare rientra in una normale scelta commerciale legata ai bassi ascolti ed agli alti costi come afferma Sky?

Noi non lo sappiamo, quello che è certo è che nella catena scenografica di documenti disvelati al pubblico, contratti e fax desecretati, dati di ascolto infine resi pubblici, resta molto complicato per i non addetti ai lavori esprimere giudizi ponderati (eppure di giudizi lapidari al riguardo – come sempre accade in questi casi – è piena la Rete italiana) mentre sarebbe invece più utile ragionare su un altro punto altrettanto importante, quello delle piattaforme distributive.

Noi possiamo continuare a dedicare un articolo a settimana alle ingiustizie perpetrate per esempio da Facebook quando chiude improvvisamente e senza troppe spiegazioni il profilo sul proprio social network di questo o quell’utente. Spesso le ragioni di simili scelte sono risibili o inesistenti, magari sono il risultato di una procedura automatica, in certi casi sono il portato di una diversità culturale americana che noi europei sentiamo come molto distante. In tutti i casi, simili decisioni discendono da una nostra scelta: quella di aver affidato i nostri dati personali ad una piattaforma privata. Potremmo comportarci diversamente? Certo. Lo facciamo? No, non lo facciamo.

Molta stampa italiana vive da anni un periodo di crisi economica senza precedenti. La piattaforma distributiva è appesantita da regole rigidissime e vecchie tutele sindacali, perde colpi un giorno sì e l’altro pure, si regge in buona parte sui finanziamenti pubblici. Eppure ciclicamente quotidiani di carta che nessuno acquista, o i settimanali più disparati, annunciano il grande rischio che deriverebbe dalla loro imminente chiusura. Anche in questi casi le parole sono ingombranti e accennano alla libertà di espressione, al pluralismo ed alla rappresentanza democratica. Quanti di questi quotidiani o settimanali di carta, in nome di quegli stessi principi, sono passati in questi anni di vacche magrissime dalla carta al Web? Che ricordi io, in Italia, praticamente nessuno. Le garanzie, per quanto modeste anche economiche della piattaforma, sono evidentemente più importanti dei rischi per la democrazia.

Eppure da un decennio a questa parte l’alternativa distributiva esiste, e si chiama Internet: solo che in questo paese nessuno sembra volerla prendere in considerazione. I cittadini preferiscono, a frotte e per la prima volta, il piacevole giogo di Mark Zuckerberg, in un “così fan tutti” che è quasi impossibile da controbattere. I giornalisti aspirano alla carta stampata, dove non esistono altri spazi se non quelli di uno sfruttamento ampio del lavoro precario e sottopagato e considerano spesso il Web come una scelta svilente e di retroguardia.

E Current TV? Current, nata curiosamente come un network basato sui contributi generati dagli utenti ai quali prometteva anche bei soldini, con un modello di business poi rapidamente dismesso, rimane attaccata con le unghie e con i denti alla piattaforma satellitare del cattivo magnate australiano, grida alla lesione dei diritti democratici dei suoi ascoltatori, inneggia alla propria evidente diversità. Eppure le alternative distributive per garantire pluralismo e libertà ai suoi ascoltatori ci sarebbero. Il Digitale Terrestre per esempio, raccontato dai nostri politici a suo tempo come la nuova frontiera della moltiplicazione delle fonti informative ed abitato oggi per lo più da fattucchiere e venditori di chincaglierie, ma soprattutto la rete Internet che si adatterebbe molto bene al tipo di pubblico ed al tipo di informazione della TV di Al Gore.

Perché questa opzione sia così poco considerata è piuttosto evidente e riguarda almeno in parte ed ancora una volta la dittatura delle piattaforme informative. I cattivi – per quanto mi riguarda – lo sono fino a prova contraria. Facebook genera ricchezza per sé con i dati che io volontariamente le affido, il sistema dei giornali si regge ormai in buona parte sui denari che drena dalle tasse dei cittadini, la TV pubblica affonda la propria immobilità nei soldi degli inserzionisti, nel canone e nell’invasione della politica. Mentre SKY fa valere la rendita di posizione della propria piattaforma con il piglio del padrone.

Vogliamo opporci a tutto questo senza nasconderci dietro ad un dito? Cerchiamo ascolti, consenso e finanziatori su Internet, fuori dalle mille dittature delle piattaforme esistenti, non mobilitiamo gli utenti della Rete per sottoscrivere la tautologia secondo la quale i cattivi sono cattivi. Al Gore, che a suo tempo molti anni fa si definì, in una battuta sfortunata diventata celebre, come “l’inventore di Internet”, in questi giorni ci sta dicendo che cambiare non è possibile. E tutto questo è francamente deludente, non tanto per Current, alla quale auguriamo ogni bene, quanto soprattutto per noi stessi.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
23 mag 2011
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