L'FBI alla guerra contro il P2P

L'FBI alla guerra contro il P2P

Il Congresso sta preparando quella che considera l'arma finale: il via libera alla polizia federale per l'uso di software antiP2P e per identificare chi viola il diritto d'autore. FBI insieme all'industria, provider tra incudine e martello
Il Congresso sta preparando quella che considera l'arma finale: il via libera alla polizia federale per l'uso di software antiP2P e per identificare chi viola il diritto d'autore. FBI insieme all'industria, provider tra incudine e martello


Roma – Siamo ancora alla proposta di legge ma il testo che è giunto in queste ore al Congresso negli Stati Uniti è destinato a sollevare enorme attenzione. Il progetto è quello di consentire all’FBI di scoraggiare, individuare e avvertire gli utenti dei sistemi di condivisione peer-to-peer (P2P). Il tutto con l’appoggio non esterno dell’industria del disco, del cinema e del software, quella che più spesso ha lamentato l’uso del P2P da parte di utenti scambia-file, in gergo pirati.

Il nome della proposta è significativo: “Piracy Deterrence and Education Act”. L’idea non sembra quella di arrivare ad un attacco informatico contro chi usa i software di peering, idea che circola al Congresso ormai da diversi giorni, quanto quella di identificare chi abusa dei sistemi scambiando materiali protetti. E avvertirli di quanto stanno facendo, procedendo solo contro i casi più eclatanti.

La nuova normativa tira dentro anche i provider, soggetti che dovranno collaborare con la polizia federale perché sia effettuato il controllo delle reti di scambio ed entrambi, ISP e FBI, collaboreranno con l’industria per individuare i casi di violazione palese del copyright, contro i quali eventualmente procedere per via giudiziaria.

Questo significa, secondo il parere critico della Electronic Frontier Foundation , che ai provider potrebbe essere richiesto di giocare un ruolo non proprio. “L’FBI – dicono i responsabili dell’associazione che si batte per la difesa delle libertà digitali – potrebbe chiedere ai provider di collaborare direttamente con i detentori di copyright, magari per passar loro i nomi dei propri utenti”.

Problemi di privacy, dunque, ma non solo. Dietro l’angolo, secondo la EFF, ci sono problemi ancora più grossi. “Anziché perseguire atti criminali sul piano giudiziario – spiega la EFF – la proposta mette in campo l’azione diretta della polizia contro gli autori sospettati di reato”. Come a dire, cioè, che le garanzie per gli utenti dei sistemi P2P potrebbero correre su un binario a scartamento ridotto rispetto a quelle previste dalla Costituzione USA per tutti i cittadini americani.

Le operazioni di contrasto alla pirateria via P2P saranno portate avanti da uno speciale corpo di agenti federali che dovranno essere addestrati a quello che viene definito “computer hacking”, una terminologia che potrebbe effettivamente indurre a ritenere che le operazioni online sul P2P non si limiteranno ad individuare e identificare utenti.

Di contorno, invece, l’ufficio del procuratore generale degli Stati Uniti insieme al resto dell’Amministrazione dovrà varare programmi di sensibilizzazione su copyright e diritto d’autore.

Non stupisce, naturalmente, che tutto questo sia accolto con interesse proprio da quelle industrie che vedono così aumentare il proprio potere d’azione nel contrasto all’uso del P2P. “La proposta Smith-Berman – si legge in una nota diffusa dai discografici della RIAA – rafforzerà le capacità dell’FBI e degli altri funzionari delle forze dell’ordine nel colpire le violazioni al copyright che prendono corpo sulle reti P2P”.

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Pubblicato il
23 giu 2003
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