Echoprint, il riconoscimento musicale open

Echoprint, il riconoscimento musicale open

Echo Nest lancia sul mercato il proprio servizio di rilevazione musicale aperto. Sviluppatori e utenti potranno partecipare al miglioramento delle funzionalità già presenti. Sfida a Shazam?
Echo Nest lancia sul mercato il proprio servizio di rilevazione musicale aperto. Sviluppatori e utenti potranno partecipare al miglioramento delle funzionalità già presenti. Sfida a Shazam?

Shazam e Soundhound dovranno fare i conti con un nuovo concorrente sul mercato dei software per l’identificazione musicale. Echo Nest ha lanciato Echoprint , un servizio open di riconoscimento musicale che permetterà agli utenti di creare applicazioni corrispondenti.

Il servizio, sviluppato in collaborazione con 7digital , permetterà agli sviluppatori di accedere a un catalogo contenente 13 milioni di canzoni in via di accrescimento con l’ingresso di altri partner. Diversamente dai concorrenti, Echoprint migliorerà il proprio servizio ogni volta che gli sviluppatori di app e gli utenti di tali applicazioni metteranno a disposizione nuova musica. I partner di Echo Nest hanno testato il servizio per 18 mesi così da debuttare sul mercato nel migliore dei modi.

Secondo Brian Whitman, cofondatore e CTO di Echo Nest , Echoprint intende rispecchiare il carattere aperto della Rete. “Il servizio di rilevazione musicale dovrebbe appartenere a Internet”, sostiene Whitman, che spiega: “Dovrebbe essere un servizio che ogni sviluppatore può dispiegare senza preoccupazioni riguardo alle licenze o alle complicate implementazioni sui database”.

I creatori di Echoprint puntano a collocarsi entro il mercato delle app, provvedendo a fornire nuove funzioni . In particolare, si guarda ai social network e ai servizi di geolocalizzazione come due categorie che potrebbero ben combinarsi con un simile prodotto. Un servizio di streaming musicale come Spotify, notano gli osservatori, potrebbe utilizzare Echoprint per portare il riconoscimento musicale all’interno della propria app invece che servirsi della partnership siglata con Shazam.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
28 giu 2011
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