Geolocalizzazione USA, scontro nei tribunali

Geolocalizzazione USA, scontro nei tribunali

Un giudice statunitense evoca il regime "orwelliano" per impedire alle autorità di accedere alle informazioni della rete cellulare senza mandato. Si muove anche la politica, con iniziative contrastanti
Un giudice statunitense evoca il regime "orwelliano" per impedire alle autorità di accedere alle informazioni della rete cellulare senza mandato. Si muove anche la politica, con iniziative contrastanti

Le autorità governative statunitensi e l’FBI non possono accedere ai dati di geolocalizzazione su rete cellulare senza opportuno mandato del potere giudiziario: lo ha deciso il giudice distrettuale Nicholas Garaufis, evocando allarmanti paragoni con la distopia orwelliana di 1984 ed esortando il legislatore a muoversi verso l’estensione delle garanzie del Quarto Emendamento della Costituzione alle capacità delle nuove tecnologie.

Le autorità volevano avere garantito l’accesso ai dati della rete cellulare – e in particolare alle informazioni di geolocalizzazione – su un periodo di ben 113 giorni, e davanti al giudice hanno sostenuto l’idea secondo cui bastava la “rilevanza” di tali informazioni in un’indagine criminale per ottenerle.

Niente da fare, ha stabilito Garaufis, per accedere a dati così importanti per la privacy di ogni cittadino occorre un mandato del giudice emesso sulla base di indizi fondati e non su semplici tesi investigative. “Mentre il monitoraggio governativo dei nostri pensieri può essere archetipico dell’intrusione Orwelliana – ha aggiunto il giudice Garaufis – il controllo del governo sui nostri movimenti su un periodo di tempo considerevole attraverso le nuove tecnologie, come la raccolta dei record delle stazioni cellulari senza le protezioni del Quarto Emendamento, pone il nostro paese molto più vicino all’Oceania di quanto la nostra Costituzione permetta”.

Gli USA come l’Oceania di 1984 , dunque, e per impedire che una simile distopia si trasformi in realtà il giudice Garaufis sprona le autorità – e i colleghi giudici in particolari – a prendere in considerazione la necessità di eventuali modifiche al Quarto Emendamento per fornire le opportune garanzie sul giusto processo anche nell’epoca delle tecnologie di comunicazione invasive e onnipresenti.

Le “libertà” investigative del governo sui dati di geolocalizzazione rappresentano una delle questioni più “hot” degli ultimi tempi per la privacy a stelle e strisce, e la Corte Suprema è già stata investita di un caso riguardante i tracciatori GPS “invisibili” dell’FBI posizionati senza alcuna autorizzazione giudiziaria.

Sulla faccenda si muove anche la politica, benché con iniziative contrastanti: c’è chi come il democratico Patrick Leahy vorrebbe garantire uno speciale “nulla osta” per le indagini senza mandato all’FBI, e chi come Ron Wyden (democratico) e Jason Chaffetz (repubblicano) pensa invece a un rafforzamento della privacy con l’obbligo dell’autorizzazione giudiziaria per accedere alle informazioni di geolocalizzazione sui movimenti di un sospetto.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
26 ago 2011
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