NoLogo/ Senso Unico

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di M. De Baggis - Si parte da lontano, dall'epoca dell'amichevole salumiere di quartiere, e si arriva ai giorni nostri. Quando, nonostante siamo schedati e schierati nelle griglie dei database, le aziende fanno finta di non conoscerci
di M. De Baggis - Si parte da lontano, dall'epoca dell'amichevole salumiere di quartiere, e si arriva ai giorni nostri. Quando, nonostante siamo schedati e schierati nelle griglie dei database, le aziende fanno finta di non conoscerci

Quando andavo a scuola mia madre aveva il conto aperto dal salumiere, che in realtà era una specie di minimarket però a conduzione familiare. Il sabato spesso i miei andavano in campagna, io restavo a casa da sola e per fare la spesa andavo dal salumiere e “facevo segnare”. Questa cosa del mettere in conto era un po’ come gli extra degli alberghi in era pre-computer, cioè soprattutto una questione di fiducia. Di fiducia reciproca: il salumiere dava “credito” a mia madre e alla sua solvibilità, mia madre dava “credito” al salumiere e alla sua onestà nel “segnare” le spese. Controllare era possibile in teoria, ingestibile in pratica: se non ti fidavi pagavi di volta in volta.

Sono passati vent’anni, se non di più: mia madre non ha più il conto dal salumiere, sostituita dalla tessera di GrandeSupermercatodelSud. Con il personale di GrandeSupermercato ha lo stesso rapporto fatto di chiacchiere, sorrisi e ogni tanto qualche confidenza, ma sono ragionevolmente convinta che se un giorno, arrivata alla cassa, scoprisse di aver dimenticato il portafoglio a casa nessuna delle cassiere potrebbe dire “signora, non si preoccupi, torni a pagare quando vuole”. Non dico che sia impossibile, ho visto tante volte che “le procedure” sono inviolabili solo quando l’umano che le gestisce non le vuole violare. Dico però che la norma oggi è la mancanza di fiducia, il che è comprensibile, ma paradossale, per due motivi.

Il primo è che le carte fedeltà (fidati, appunto) sono per l’appunto carte di fidelizzazione. È però una fidelizzazione senza fiducia, a senso unico: dal cliente al negozio, dal cliente all’azienda, azienda che non si fida per niente del suo cliente fidelizzato.

Il secondo paradosso è proprio questo: a differenza di vent’anni fa oggi i computer sono abbastanza diffusi. La fiducia del salumiere nei confronti di mia madre era basata su una reputazione quasi del tutto intangibile, la sfiducia di AziendaX è basata su una messe di dati su quella signora gentile che ogni mese spende tot, che compra merci di una certa fascia di prezzo, la cui carta di credito ha sempre funzionato e che abita in un certo posto e arriva con quella macchina.

Il terzo paradosso, o meglio la sintesi dei due, è che le aziende oggi vogliono fidelizzarci a tutti i costi, per farlo raccolgono dati su dati su di noi, ma non hanno nessuna intenzione di darci fiducia. Quando un noto autonoleggio non mi ha dato la macchina prenotata perché la copertura della mia carta di credito era insufficiente come garanzia ha perso una scommessa pur avendo tutti i dati per vincerla, dati tutti registrati nel loro computer e che dovrebbero dirla molto più lunga di una autorizzazione negata per la prima volta in cinque anni.

Siamo sicuri che una fidelizzazione senza fiducia funzioni? Non sarebbe meglio, a questo punto, dirci estranei come prima e se non altro non conservare nessun dato?

Mafe de Baggis
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Pubblicato il 28 ott 2011
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