Facebook, dati stoccati al freddo

Facebook, dati stoccati al freddo

Al via i lavori per la costruzione di data center all'Artico, quasi interamente alimentati da energia pulita
Al via i lavori per la costruzione di data center all'Artico, quasi interamente alimentati da energia pulita

Facebook ha dato ufficialmente il via ai lavori per la costruzione di data center a Lulea , Svezia del Nord, principalmente alimentati da energia rinnovabile .

Il sito in blu era stato chiamato in causa da Greenpeace: secondo gli attivisti verdi Facebook sarebbe responsabile di un enorme dispendio di energia a causa dei pesanti data center alimentati da energia elettrica prodotta dal carbone. E per questo gli chiedeva di adottare energia pulita affidandosi alle rinnovabili.

Così adesso Facebook, dopo i contratti di fornitura di energia elettrica stipulati con aziende che traggono la maggior parte della loro elettricità dal carbone per l’alimentazione dei suoi data center in Oregon e North Caroline, si è affidata, ai confini dell’artico, all’energia idroelettrica.

Le soluzioni più verdi appaiono per il momento ancora non efficienti dal punto di vista economico, ma nel lungo periodo rappresentano una strada necessaria per trovare una soluzione efficiente. Oltre a Facebook e Mountain View, che ha scelto di raffreddare il suo data center finlandese con l’acqua di mare, anche Apple sta costruendo 171 acri di pannelli solari per alimentare i suoi data center in North Carolina, destinati a supportare iCloud.

Per sperimentare queste vie Facebook ha deciso di aprire un data center in territorio svedese al confine con il circolo polare artico: il clima della zona ( in media intorno ai 2 gradi) dovrebbe permettere un dispendio molto inferiore di energia per il raffreddamento delle macchine (dovrebbe bastare un raffreddamento ad aria).

Il nuovo data center nella cittadina svedese di appena 74mila abitanti ( il suo primo centro non statunitense e il più grande in Europa) dovrebbe permettere a Facebook “di prevedere una riduzione del 70 per cento della dipendenza dai generatori di backup”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
28 ott 2011
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