Groupon, in Borsa con riserve

Groupon, in Borsa con riserve

L'azienda di Chicago esordisce con quotazioni iniziali sopra le aspettative. Nonostante gli entusiasmi, i dubbi sulla sua solidità permangono e in tanti temono una nuova bolla speculativa
L'azienda di Chicago esordisce con quotazioni iniziali sopra le aspettative. Nonostante gli entusiasmi, i dubbi sulla sua solidità permangono e in tanti temono una nuova bolla speculativa

Venerdì 4 novembre, dopo essere stata sotto la lente attenta degli analisti finanziari, Groupon sta per fare il suo ingresso in Borsa . Un tentativo era già stato fatto circa due mesi fa ma non era andato a buon fine: sono, effettivamente, molti gli interrogativi e le incertezze che circondano l’azienda di Chicago, a cominciare dal suo modello di business .

L’IPO di Groupon appare superiore alle previsioni degli esperti : ci si aspettava la vendita di 30 milioni di azioni a un prezzo di 16-18 dollari l’una, corrispondenti a un guadagno per l’azienda di circa 540 milioni di dollari. Il dato finale, invece, è di 35 milioni di azioni vendute a un prezzo aumentato a 20 dollari per azione . Il che ha portato a una capitalizzazione di circa 12,7 miliardi , la più alta per una internet company dall’ingresso in Borsa di Google, nel 2004, che presentava una valutazione di 23,1 miliardi di dollari.

La quota azionaria messa sul mercato è comunque significativamente irrisoria rispetto al totale : solo il 5,4 per cento. Numeri che hanno fatto pensare a un tentativo di aumento della domanda attraverso una restrizione dell’offerta, e che contribuiscono al timore di una seconda bolla speculativa . Groupon, infatti, sembra non aver operato nella massima trasparenza: dopo aver dichiarato di aver incassato, nel primo semestre, ricavi per 1,52 miliardi di dollari, a settembre – dopo l’intervento della SEC – ha presentato un nuovo documento finanziario relativo allo stesso periodo che dichiarava ricavi per 688 milioni di dollari, meno della metà di quanto ufficializzato in precedenza .

Permangono, inoltre, dubbi sul mantenimento di un modello economico in cui il fornitore del servizio è costretto a sconti anche del 70 per cento dovendo, inoltre, rinunciare al 50 per cento dei già bassi introiti a favore della società di marketing, in questo caso appunto Groupon. Non solo: c’è anche la questione dei debiti verso i partner produttori dei servizi offerti e dei sempre crescenti costi di marketing per incentivare l’iscrizione al sito. Attualmente Groupon può contare su un database di circa 115 milioni di utenti: si tratta probabilmente del suo patrimonio più grande e di uno dei buoni motivi per cui qualcuno non sconsiglia di investire in questa stella nascente della net economy.

Elsa Pili

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Pubblicato il
4 nov 2011
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