Contrappunti/ Contaminazione televisiva inversa

Contrappunti/ Contaminazione televisiva inversa

di M. Mantellini - Un reflusso dal vecchio al nuovo schermo. E la Rete mutua il palinsesto TV. Evoluzione o involuzione? Se cambia il pubblico, forse dovrebbe cambiare anche l'addetto ai lavori
di M. Mantellini - Un reflusso dal vecchio al nuovo schermo. E la Rete mutua il palinsesto TV. Evoluzione o involuzione? Se cambia il pubblico, forse dovrebbe cambiare anche l'addetto ai lavori

Scorro la rassegna stampa di questa domenica mattina e trovo un numero molto ampio di articoli che riguardano Youtube. Luca De Biase ne parla su IlSole24ore , Ernesto Assante su Repubblica , sempre su Repubblica il direttore del sito web del giornale Vittorio Zucconi se ne occupa in uno dei suoi frizzanti editoriali .

Del resto è evidente a tutti che le modalità di fruizione dei contenuti video sono da tempo al centro di un grande rimescolamento; anche un paio di eventi accaduti nella settimana appena terminata ce lo ricordano. Le immagini drammatiche delle recenti alluvioni in Liguria sono state riprese in buona parte dai cellulari e dalle telecamere amatoriali dei testimoni, tutti i telegiornali della sera aprivano qualche sera fa con il video tratto da Youreporter , che tutti avrete certamente visto, girato dalla finestra di un palazzo di Genova da alcuni ragazzi che assistevano e commentavano dolorosamente il disastro del viale sotto casa trasformato in un fiume.

Nella medesima settimana è andato in onda, per la prima volta, l’esperimento mediatico del nuovo talk show di Michele Santoro, Servizio Pubblico , uno strano mix di web e TV (più TV che web) prodotto e trasmesso fuori dai circuiti televisivi convenzionali: anche questo un piccolo tassello di un mondo che sta evidentemente cambiando.

Il tratto distintivo che mi pare unisca tutti questi eventi è quello di una presunta persistente supremazia della televisione rispetto al narrowcasting dei piccoli contenuti video sul web. Da un lato sono gli stessi attori internet, Google in testa, che scommettono su una almeno parziale televisionizzazione di Internet, in uno spostamento degli interessi che va letto come una colonizzazione di nuovi spazi più che come una scelta strategica. Google si sposta dove ancora non è presente, annunciando la messa in onda di un centinaio di canali tematici su Youtube che trasmetteranno in diretta. Se ci pensate è curioso, il principale attore del cambiamento delle nostre abitudine di fruizione broadcast che imita la vecchia e barbosa TV.

Sull’altro versante gli editori sentono il fiato sul collo di un pubblico che si sposta su Internet (specie le fasce più interessanti per gli investitori pubblicitari) e agiscono su più fronti in una azione di impacciata convergenza. Un po’ si appropriano indebitamente dei contenuti prodotti dagli utenti o da altri soggetti in Rete (la grande maggioranza dei video che corriere.tv o repubblica.tv rendono disponibili nelle loro pagine web sono immagini e suoni prelevati senza tanti complimenti da Youtube e ritrasmessi con l’aggiunta del proprio ingombrante logo senza alcuna attenzione alle licenze d’uso o anche solo alla citazione corretta della fonte), un po’ esplorano il mondo del webcasting attraverso la copertura su Internet di eventi dal vivo, manifestazioni e conferenze, spesso con grande successo e impegno.

Una delle poche ragioni interessanti per cui le TV che acquisteremo prossimamente saranno dotate di un browser internet e di una connessione WiFi è quella di raggiungere simili contenuti originali (per esempio la settimana scorsa la diretta di Big Bang di Matteo Renzi a Firenze) comodamente dal divano di casa e non soltanto nella finestra del proprio computer casalingo.

Quello che Michele Santoro sceglie di non capire, quando riversa su Internet il proprio nuovo format televisivo senza preoccuparsi minimamente di adattarlo alle forme ed alle prassi del web, lo scrive molto bene Luca De Biase nel pezzo citato in apertura:

“Il cambio di paradigma centrale, però, è nella relazione fra la programmazione e il tempo, o la vita quotidiana, degli utenti. Internet ha portato il linguaggio del video a svilupparsi in un contesto diverso da quello televisivo nel quale non è più necessario un palinsesto e men che meno un palinsesto che coincida con l’agenda delle persone e delle comunità, non ha senso sviluppare un sistema di programmi buoni per tutti i gusti, non è efficiente una organizzazione delle decisioni centralizzata”

Inutile dire che la “scomparsa del palinsesto” alla quale stiamo assistendo crea rivolgimenti non indifferenti, per esempio la scomparsa dell’idea stessa di share televisivo e la conseguente vaporizzazione dello schema fino ad ora utilizzato della ripartizione pubblicitaria.

Che Google marci controcorrente in questo campo scegliendo di “farsi TV” è forse sinonimo di una certa confusione che regna da qualche tempo dalle parti di Mountain View, stupisce meno la resistenza al cambiamento degli attori di successo del vecchio mondo del broadcast, le cui scelte e prese di posizione sono almeno in parte funzione di una abitudine consolidata e di un desiderio di continuità. L’ottimo Zucconi rinfocolando appena vecchie polemiche scrive:

“Televisione e Internet, che avevano promesso di divorare l’informazione e l’intrattenimento come erano esistiti fino agli anni Sessanta nel mondo più evoluto e ancor oggi nei paesi più arretrati come l’Italia, stanno divorando se stesse, perché in un panorama infinito di possibilità, con i miraggi di democrazia orizzontale che esso promette, alla fine nessuno guaderà più niente”

Io sospetto che non sia vero, ma se anche fosse, dentro questo enorme rimescolamento delle carte il mestiere stesso dell’editore e quello del giornalista stanno lentamente cambiando. Gli utenti della televisione e della informazione corpuscolare che si forma in Rete continuano ad avere un grande bisogno di figure professionali in grado di filtrare l’immensa quantità di bit che oggi attraversano Internet. Hanno però certamente minor bisogno di piccoli o grandi tutori che spieghino loro paternalisticamente il mondo. L’informazione in Rete, per lo meno la sua parte migliore, può diventare adulta da sola.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
7 nov 2011
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