Cina, censura o rivoluzione?

Cina, censura o rivoluzione?

I grandi protagonisti del web asiatico pronti a combattere i contenuti dannosi per il popolo. Accordi in corso con il governo di Pechino. Mentre il leader di Wikipedia Jimbo Wales prevede una nuova primavera in salsa cantonese
I grandi protagonisti del web asiatico pronti a combattere i contenuti dannosi per il popolo. Accordi in corso con il governo di Pechino. Mentre il leader di Wikipedia Jimbo Wales prevede una nuova primavera in salsa cantonese

Al tavolo delle trattative hanno preso posto i principali protagonisti del web cinese, dal gigante del search Baidu al colosso dell’e-commerce Alibaba Group . Una tre giorni di intense discussioni su quello che sarà il futuro della più vasta comunità di netizen sul pianeta connesso.

Le grandi piattaforme digitali asiatiche hanno così ricevuto il caloroso benvenuto da parte delle autorità di Pechino, accolti dai responsabili governativi per la propaganda e i mezzi d’informazione. A preoccupare sono ovviamente i nuovi ambienti di Internet, dai social network a blog e motori di ricerca.

I protagonisti del web cinese hanno così trovato accordi per combattere la proliferazione online di contenuti dannosi per i 500 milioni di utenti in terra asiatica. Pornografia, frodi elettroniche, persino indiscrezioni pericolose . Per ripulire la Rete da contenuti che potrebbero attentare alla salute del popolo.

Le stesse autorità di Pechino avevano annunciato una nuova stretta sulle principali piattaforme social, con controlli governativi intensificati anche sui sistemi di messaggistica istantanea . Nelle parole di un portavoce del ministero degli Esteri, una gestione legale della Rete per tutelare la serenità del popolo.

Questa stessa serenità è stata però messa in dubbio dal leader di Wikipedia Jimmy Jimbo Wales, recentemente intervenuto via radio in terra britannica. La comunità asiatica dei netizen – blogger, wikipediani, utenti di Twitter – starebbe preparando un’autentica primavera cinese, sulla scia di quanto fatto nei paesi arabi.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
8 nov 2011
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