Contrappunti/ Condividere ma non troppo

Contrappunti/ Condividere ma non troppo

di M. Mantellini - Fantozzi vive. Quello che rischia di morire è il discernimento dei lettori. Che divorano notizie e bufale senza fare troppo caso a ciò che è vero e ciò che non lo è. La dieta dell'informazione sociale
di M. Mantellini - Fantozzi vive. Quello che rischia di morire è il discernimento dei lettori. Che divorano notizie e bufale senza fare troppo caso a ciò che è vero e ciò che non lo è. La dieta dell'informazione sociale

Fantozzi non è morto. La notizia del decesso di Paolo Villaggio, rapidamente diffusa su Facebook nel pomeriggio di sabato, era una bufala . Il lancio di agenzia, attribuito all’Ansa, è stato probabilmente opera di un buontempone (o di un cretino, fate voi) ed è circolato con tale velocità sul social network che l’Ansa stessa ha dovuto smentire ufficialmente la notizia dopo aver contattato l’attore genovese. Qualche settimana fa il Nouvel Observateur aveva per errore annunciato sul web la morte di Bill Gates e molti episodi analoghi sono avvenuti negli ultimi anni, quasi sempre conseguenza di una svista o di un errore di pubblicazione da parte di mezzi di informazione, impegnati nella lotta allo scoop dell’ultimo secondo.

Come scrisse Gaetano Afeltra in un bellissimo articolo sui “coccodrilli” pubblicato dal Corriere della Sera nel 1996, già nella prima metà del secolo scorso l’ossessione per esseri i primi ad annunciare la morte di papi e regnanti era molto frequentata da parte di tutta la stampa. I coccodrilli servivano a vincere questa battaglia sul tempo: si dice che per i papi il testo di commiato fosse addirittura già composto in piombo in tipografia per ridurre ulteriormente i tempi di pubblicazione.

Nel caso della falsa notizia della morte di Paolo Villaggio non è un caso che il tam tam abbia riguardato in buona parte Facebook. Esiste una questione tecnologica che favorisce il passaparola su certi ambiti di rete rispetto ad altri. Gli strumenti di condivisione, del resto, si sono fatti velocissimi ed automatici: se fino a qualche anno fa il passaparola richiedeva un seppur minimo lavoro di copia-incolla e seguiva i tempi rapidi, ma non istantanei, dei post sui blog o dei reply della posta elettronica, oggi, un secondo dopo aver letto la notizia, basta un click del mouse per riproporla al volo a tutti i propri contatti. Se uniamo questa considerazione al fatto che Facebook è oggi in Italia il luogo di Rete maggiormente utilizzato e presidiato, si capisce bene come qualsiasi notizia, vera o falsa che sia, si trasmette da quelle parti più in fretta che altrove. Facebook è insomma il nuovo coccodrillo del mondo.

Ma la facilità con la quale simili architetture consentono la diffusione di notizie false da parte di chiunque merita qualche ulteriore considerazione. Intanto si è allargato un orizzonte: accade di continuo che notizie importanti giungano a noi da fonti non ufficiali. Molto probabilmente il falso imprimatur dell’Ansa non è stato essenziale per la circolazione della bufala su Villaggio, anche se un buon numero di quanti l’hanno letta e condivisa si sono lasciati ingannare dalla autorevolezza della fonte citata. Il meccanismo di rimbalzo delle informazioni in Rete non si basa in genere obbligatoriamente su simili presupposti.

Accanto a questa grande efficienza distributiva viaggia, di pari passo, una enorme superficialità gestuale. Condividere è ormai una azione casuale e senza grandi responsabilità e se gli utenti mostrano in molti casi di non saper pesare le parole in Rete (a differenza di quanto probabilmente farebbero altrove), la vaghezza è ulteriormente stimolata dalla piattaforma stessa: per esempio Facebook ci propone il link “condividi” subito al di sotto di una riga e mezzo di preview di un articolo che ancora non abbiamo letto. Prima condividi – sembrano dirci – poi, eventualmente, leggi.

In ogni caso, al di là delle furbizie della piattaforma, il problema centrale risiede altrove e siamo evidentemente noi stessi. Il fatto è che, come sempre accade, a grandi opzioni corrispondono altrettanto grandi responsabilità. Internet è oggi una piattaforma di pubblicazione che si è fatta improvvisamente adulta e che richiederebbe ai propri utilizzatori analoga raggiunta maturità. È accaduto molto velocemente e non abbiamo avuto molto tempo per abituarci. Chiunque può oggi informare il mondo in maniera rapida ed efficace, dal proprio computer o dal proprio telefonino: nel bilancio complessivo di questo indubbio avanzamento va compreso anche un prevedibile utilizzo ludico, adolescenziale o semplicemente cretino. Se ci affranchiamo dal meccanismo economico per cui le notizie sono denaro (il meccanismo su cui si regge la stampa professionale), da un lato ampliamo di molto la schiera delle nostre fonti, dall’altro siamo costretti a prevedere nuovi fenomeni di disturbo dell’universo informativo.

Parte di questo bilanciamento potrà essere rivisto negli anni quando ci abitueremo maggiormente al valore di una informazione ampia e maggiormente condivisa, una presa di coscienza che ovviamente si spera possa passare anche attraverso presidi educativi e didattici dei quali abbiamo molto bisogno. Insegneremo nelle scuole il valore civico del tasto “condividi”? Sarebbe una buona idea. Nel frattempo una quota di quella perturbazione, che suggerisce a qualcuno in un sabato pomeriggio di scrivere su Facebook che Paolo Villaggio è morto, resterà comunque e dovrà essere compresa ed accettata. E tutte le volte che questo sarà possibile, simili comportamenti dovranno essere ricondotti nel giardinetto dal quale provengono.

In conseguenza di questo ascolteremo ancora i giornalisti raccontare che simili incidenti in passato non sarebbero potuti succedere, riaffermando la superiorità di un sistema centralizzato e bollinato di distribuzione delle notizie che invece è oggi solo una parte, per quanto importantissima, dell’ambiente informativo generale. Per noi lettori i vantaggi della Internet che diffonde tanto ampiamente le informazioni sono evidenti, documentati ed incontrovertibili. Dobbiamo però iniziare a partecipare al processo con un po’ di responsabilità in più. Per esempio quando scegliamo di cliccare il link “condividi”.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
12 dic 2011
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