Megaupload, il supporto degli artisti

Megaupload, il supporto degli artisti

Nuova campagna promozionale orchestrata dal cyberlocker con il supporto di importanti musicisti a stelle e strisce. Il brano promozionale finisce su YouTube, ma Universal lo censura. Senza averne il diritto
Nuova campagna promozionale orchestrata dal cyberlocker con il supporto di importanti musicisti a stelle e strisce. Il brano promozionale finisce su YouTube, ma Universal lo censura. Senza averne il diritto

Megaupload viene continuamente indicato dalle major multimediali USA come un sito “canaglia”, uno di quelli che andrebbero abbattuti a suon di censura un tanto al chilo grazie a progetti di legge quali SOPA e Protect IP. Le major sono convinte di quello che dicono, al punto da arrivare a censurare illegalmente un brano musicale che promuove l’utilizzo del popolare servizio di file sharing su web.

Il brano incriminato è quello qui di seguito embeddato , una promozione virale che vede la partecipazione consapevole di artisti da grosso calibro e tutti “in affari” con le major musicali e quindi con RIAA: partecipano alla musica, ai testi e al “messaggio” in favore di Megaupload Alicia Keys, Kanye West, Snoop Dogg, Chris Brown, The Game, Mary J Blige, Kim Kardashian, Floyd Mayweather, Jamie Foxx e altri.

I diritti di sfruttamento dei contenuti presenti nel video sono tutti di proprietà di Megaupload, ma nonostante ciò la versione YouTube della clip è caduta ripetutamente vittima di richieste di rimozione inviate Universal Music. Una vera e propria censura, denunciano le parti in causa, che potrebbe anche portare al blocco permanente dell’account YouTube di Megaupload per “ripetuta infrazione” – infrazione di diritti sulla cui proprietà a Universal non hanno la benché minima idea.

Quale che sia la motivazione di questo plateale e flagrante caso di censura, osserva Cory Doctorow, che si tratti di azione deliberata o assoluta incompetenza da parte degli avvocati di Universal, si tratta comunque di una formidabile dimostrazione del “suicidio sociale” che legislazioni come SOPA e Protect IP provocherebbero all’interno del sistema legale statunitense.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
13 dic 2011
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