Contrappunti/ La comunicazione resta a galla

Contrappunti/ La comunicazione resta a galla

di M. Mantellini - Quando la Rete mostra il meglio e il peggio di sé. Ovvero quando chi si occupa di informare il pubblico dimostra di comprendere o non comprendere il mezzo. Il caso Costa Concordia
di M. Mantellini - Quando la Rete mostra il meglio e il peggio di sé. Ovvero quando chi si occupa di informare il pubblico dimostra di comprendere o non comprendere il mezzo. Il caso Costa Concordia

A margine della vicenda del tragico naufragio della Costa Concordia davanti all’isola del Giglio sono successe alcune cose interessanti che vale la pena sottolineare. La prima di queste è che nella notte della tragedia, quando nessuno fra i grandi siti web aveva notizie sull’incidente e la copertura dell’evento era molto modesta (se ne parlava su Twitter e su alcuni piccoli siti web di informazione locale), Costa Crociere ha pubblicato sul suo blog due comunicati, all’una di notte il primo e alle 5 del mattino il secondo, con alcune sommarie informazioni sugli eventi.

Si tratta di due post quasi formali e con pochi contenuti, tuttavia io non ricordo nessun caso simile italiano in passato, con una grande azienda che in un momento di enorme crisi considera così velocemente la necessità di informare direttamente la propria clientela utilizzando Internet. Chi abbia confidenza con i meccanismi decisionali di comunicazione aziendale, che solitamente crescono in barocchismi al crescere dell’importanza della azienda, sa che anche due post come questi, composti e messi online in piena notte, assumono un significato molto importante.

Roberta Milano, esperta di marketing turistico, ha scritto nella giornata di ieri una breve interessante analisi del rapporto fra Costa Crociere e rete nel giorno del disastro: nel momento in cui esistono tensioni e grandi incertezze comunicative, Costa sembra aver scelto di sfruttare Internet nel modo migliore, per esempio lasciando aperta la bacheca della propria pagina Facebook a qualsiasi tipo di commento o considerazione.

Del resto ogni emergenza informativa ci racconta di come ormai, da qualche anno a questa parte, i grandi media abbiano visto ridursi il proprio ruolo per quanto riguarda la raccolta immediata delle notizie, per restare invece centrali nella parte di aggregazione delle fonti, analisi e commento dei fatti accaduti. Per fare un esempio, nella prima mattinata di sabato la miglior rassegna stampa degli eventi accaduti nella notte al Giglio era quella di un (a me) sconosciuto sito web di viaggi che, per tutta la notte, aveva aggregato ogni possibile informazione sulla tragedia. Repubblica , il Corriere e gli altri sarebbero arrivati con ore di distanza anche nelle loro edizioni web.

Se i responsabili della comunicazione di Costa Crociere si sono comportati con intelligenza in una così difficile situazione dipende anche dal fatto che la normalità della Rete come strumento di relazione guadagna ogni giorno nuove posizioni. È del resto inevitabile che questo accada. Paradossalmente la comprensione delle dinamiche di comunicazione in Rete sembra oggi essere maggiore nelle aziende che non negli ambienti giornalistici. Le prime semplicemente sostituiscono il soggetto della propria comunicazione (i clienti prima o contemporaneamente ai giornalisti), i secondi sono compressi all’interno di un cambiamento profondo che riguarda prima di tutto loro stessi, con tutte le frizioni e le difficoltà del caso.

I rischi di una confusione dei ruoli all’interno dell’ambiente informativo sono in ogni caso ben evidenti. Ieri un anonimo cretino ha rinominato un video di qualche anno fa che mostrava drammatiche immagini all’interno di una nave da crociera facendo credere si trattasse di immagini riferibili al naufragio della Costa Concordia (il video nel frattempo è stato rimosso da Youtube). Fra i tanti che lo hanno, anche solo in forma dubitativa, segnalato su Twitter e su Facebook ci sono stato anch’io (peste mi colga!): dopo due minuti dalla mia segnalazione un amico giornalista mi ha fatto presente che il video era un falso e così – imprecando – ho passato una buona mezz’ora ad inseguire i miei follower che, per colpa mia, stavano già diffondendo la falsa informazione, chiedendo loro di rimuovere il link. Immaginate lo stupore quando il video è rapidamente comparso sulle pagine web de La Stampa e di Repubblica per poi essere rimosso nelle ore successive.

Episodi simili ci rammentano di come resti fondamentale una prassi giornalistica consolidata (che non è necessariamente esclusiva dei giornalisti professionisti) capace di separare i mille rumors di rete dalle notizie poi effettivamente pubblicate, e di come questa sia oggi una necessità fortissima (e ancora non troppo frequentata) in primo luogo per i tanti lettori che non hanno voglia né tempo di spulciarsi l’archivio di Youtube per scoprire che quel video con i tavoli che corrono e le persone travolte, si riferisce ad una crociera in Nuova Zelanda nel 2008 e non al tragico naufragio della sera prima.

Massimo Mantellini
Manteblog

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Pubblicato il
16 gen 2012
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