File hosting, effetto Megaupload?

File hosting, effetto Megaupload?

FileSonic. e non è il solo, chiude le funzionalità di condivisione dei file caricati dagli utenti. RapidShare e MediaFire non temono. Kim Dotcom vorrebbe uscire su cauzione e rinuncia temporaneamente alla causa contro Universal Music
FileSonic. e non è il solo, chiude le funzionalità di condivisione dei file caricati dagli utenti. RapidShare e MediaFire non temono. Kim Dotcom vorrebbe uscire su cauzione e rinuncia temporaneamente alla causa contro Universal Music

Come nel domino, i tasselli del file hosting globale iniziano a cadere in seguito allo spintone delle autorità statunitensi al mega-impero dello streaming. Filesonic, altro grande protagonista nel reame dei cyberlocker, ha bloccato le sue funzionalità legate alla condivisione dei contenuti online. Ad oggi, gli utenti del cyberlocker non possono effettuare il download di file altrui, soltanto quelli da loro stessi caricati .

In aggiunta, i responsabili di Filesonic hanno deciso di interrompere i meccanismi di ricompensa a disposizione degli uploader più attivi . Una strategia seguita a ruota da Uploaded.to , sempre tra i protagonisti del file hosting sul web. I suoi utenti residenti negli Stati Uniti all’improvviso sono incappati in questo messaggio: “Non disponibile: il nostro servizio è attualmente sospeso nel vostro paese. Spiacenti”.

Paura di un effetto Megaupload, o comunque di nuovi raid da parte degli agenti federali. Mentre altri cyberlocker del calibro di Mediafire e RapidShare non sembrano particolarmente allarmati. “Non siamo preoccupati o impauriti – ha spiegato un portavoce di RapidShare – il business legato al file hosting è legale”. Dovrebbero essere chiuse tutte le banche per un manager che si è dato al riciclaggio di denaro?

Stesso discorso per Mediafire: “Il nostro business non è affatto basato sulla violazione del copyright. Come molti servizi di condivisione del calibro di Box.net e Dropbox, le nostre attività sono del tutto legali e mirate ad una platea di professionisti”. Proprio come quelli – innocenti – di Megaupload, che sono da giorni in rivolta per cercare di recuperare i file leciti e magari anche i soldi versati per gli abbonamenti premium . Nel frattempo, il controverso founder Kim Dotcom inizia il suo percorso che dovrebbe portarlo davanti alla giustizia statunitense. Il corpulento manager di Megaupload vorrebbe l’istituzione di una cauzione da poter pagare per essere immediatamente scarcerato . Ovviamente in attesa della decisione del giudice neozelandese, prevista nei prossimi giorni.

Non è solo il destino di Dotcom a tenere banco in questo periodo tormentato in cui i cyberlocker sono saliti alla ribalta delle cronache di tutto il mondo. I legali di Megaupload hanno preferito far cadere le accuse contro Universal Music Group, già trascinata in aula per aver rimosso l’ormai famosa Megasong . Pare però che l’offensiva potrebbe tornare a colpire quando le acque saranno più calme.

E il caso Megaupload ha fatto scoprire al mondo le nuove tecniche d’attacco del celebre collettivo Anonymous, che con l’ Operation Megaupload aveva seminato il panico in poche ore con la collaborazione di oltre 5mila utenti. Partecipanti non sempre consapevoli, dal momento che sono stati diffusi – in particolare su Twitter – link ingannevoli verso un sito di hosting chiamato Pastehtml .

In sostanza, molti utenti sono stati reindirizzati verso un sito creato ad hoc per lanciare il temibile Low Orbit Ion Cannon (LOIC) , lo strumento software legato alle offensive di tipo DDoS. C’è però un piccolo problema: negli Stati Uniti, la partecipazione volontaria ad un attacco DDoS può costare fino a 10 anni di carcere.

Mentre sembrano scatenati gli avvoltoi virtuali pronti a banchettare col cadavere dei vari Megaupload e Megavideo. Proprio in questi giorni sono spuntati come funghi numerosi – presunti – siti per il ritorno del mega-impero in barba ai signori del copyright. Trattasi semplicemente di scammer pronti a sfruttare click a valanga .

Mauro Vecchio

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Pubblicato il 23 gen 2012
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