La nicchia di iBooks

La nicchia di iBooks

di D. Galimberti - Apple propone la sua soluzione per l'editoria digitale. Basterà la novità a far dimenticare i limiti della piattaforma? O la conoscenza sarà resa libera?
di D. Galimberti - Apple propone la sua soluzione per l'editoria digitale. Basterà la novità a far dimenticare i limiti della piattaforma? O la conoscenza sarà resa libera?

Prima di scrivere in merito a questo tema ho raccolto informazioni, pareri, umori, visto le prime recensioni, eseguito di persona alcune prove, e sentiti i giudizi (sia quelli pro che quelli contro). Al di là del numero di articoli che sono già stati pubblicati in merito, questo non è un argomento di facile interpretazione, anche perché coinvolge diversi ambiti e può dar luogo a diverse chiavi di lettura in ognuno di questi settori. Il tema di cui sto parlando è quello scaturito dall’evento durante il quale la Apple ha presentato iBooks Author e l’accordo con gli editori di testi scolastici.

Partiamo da quest’ultimo per una semplice questione di percorso narrativo, e quindi partiamo dall’origine del tutto. In base a quello che ci racconta Walter Isaacson nella sua biografia , Jobs riteneva che il mondo dell’istruzione avesse bisogno di nuovi strumenti di studio e affrontò questo discorso direttamente con Obama. Ovviamente l’attenzione del CEO di Apple sull’argomento non era disinteressata, visto che la proposta verteva sull’utilizzo di iPad in luogo dei libri di testo, con evidente ritorno d’immagine per Apple (oltre che ritorno economico). Quanto possa essere buona l’idea dei libri digitali è difficile dirlo: personalmente credo che sia più importante il contenuto di un libro di testo piuttosto che lo strumento utilizzato dallo studente per fruirne. Sia la versione cartacea che quella digitale hanno i loro pro e contro, ma se il contenuto è di bassa qualità, non sarà certo la multimedialità offerta dal formato digitale a renderlo un buon libro.

Un volume cartaceo è costoso, pesante e soggetto ad usura, ma permette di prendere appunti velocemente con una matita ed è sempre a disposizione, anche dopo 20-30-50 anni (ammesso che non sia troppo usurato, che non sia andato perso, e che i suoi contenuti siano ancora “attuali”). Un libro digitale costa meno (perlomeno grazie agli attuali accordi che Apple è riuscita a raggiungere con gli editori), se ne possono mettere a decine in un iPad da 600g, non è soggetto ad usura, si può effettuare una copia di backup facilmente ed eventualmente duplicare su più iPad associati al medesimo account, nonché scaricare da iCloud tutte le volte che si vuole (perlomeno finché è presente sullo store). Potenzialmente un libro digitale è anche “aggiornabile” dall’editore, sia per correggere eventuali errori sia per aggiornarlo a nuovi contenuti e mantenerlo attuale. Di contro è meno immediato per prendere appunti (anche se gli appunti presi sono più facilmente rintracciabili e consultabili) e non vi è alcuna certezza che, anche solo tra 10 anni, sarà ancora leggibile.

Il dubbio nasce in quanto, nello specifico della proposta di Apple, siamo di fronte ad un formato proprietario che lo lega indissolubilmente ad iPad, a iOS e all’applicazione iBooks 2 (senza considerare la questione dei DRM per i libri venduti su iBookstore), quindi ci sono diverse spade di Damocle sia a livello hardware che software. Sotto questo aspetto un libro digitale è più simile ad un software che non ad un libro vero e proprio in quanto, come il software, è soggetto a requisiti di compatibilità con il sistema sul quale andrà a funzionare. Non è un mistero che molti libri multimediali erano finora venduti come applicazioni, e non come ebook: per esempio Pinocchio o The Elements . È davvero questo il futuro dell’editoria digitale (sia che si parli di testi scolastici che a livello generale)? Messa in questi termini la risposta è no, perché il legame a doppio filo con Apple, con iBookstore e con iPad è troppo forte, così forte che potrebbe anche decretare l’insuccesso dell’operazione messa in piedi da Apple. Per capire meglio questo legame e valutare possibili cambi di strategia da parte di Apple, procediamo con l’analisi prendendo in esame l’altro elemento della catena: iBooks Author .

Questo tool fornito gratuitamente da Apple (utilizzabile solo da chi possiede un Mac con Lion, anche se pare si riesca a farlo andare anche su Snow Leopard) permette di creare dei libri multimediali inserendo immagini, video, oggetti 3D e molte altre cose, soprattutto se si ha dimistichezza con codice HTML e Javascript. Il risultato può essere messo in vendita su iBookstore (ed è l’unica possibilità concessa da Apple se lo si vuole vendere), distribuito gratuitamente attraverso iTunes U , oppure esportato nel formato iBooks per essere distribuito gratuitamente ad altre persone che possiedono un iPad: nelle intenzioni di Apple quest’ultima possibilità potrebbe essere sfruttata dai professori per distribuire dispense ai propri studenti, ammesso che ogni studente abbia un iPad, il che costituisce ancora una volta un vincolo per molti versi inaccettabile.

Se anche la scuola fornisse un iPad in comodato d’uso ai propri studenti come strumento di studio (cosa che in effetti avviene in alcune università USA) ci si potrebbe chiedere se sia giusto che per lo studio venga utilizzato uno strumento chiuso e un formato proprietario. In realtà questa domanda ce la si sarebbe dovuta porre già prima, visto che non tutte le scuole utilizzano sistemi operativi opensource (e relativo software), né c’è libertà totale degli studenti nella scelta dei libri di testo: ma questo è un altro discorso, e cadere dalla padella alla brace non è certo il modo migliore per risolvere la questione. Tornando a parlare più specificatamente del formato, “iBooks” è un formato proprietario ideato da Apple che in un certo senso va a fare concorrenza a ePub3 (standard che in realtà non ha ancora preso piede né a livello di distribuzione né a livello di supporto). Gli svantaggi di un formato proprietario rispetto ad uno standard sono evidenti a tutti, soprattutto parlando della distribuzione di libri, e ancor più se parliamo di libri di testo: ma se ePub3 non soddisfa ancora tutte le esigenze bisogna trovare un’altra soluzione alternativa. Cosa potrebbe fare Apple in tal senso? Spinta dalle richieste degli utenti e dei potenziali acquirenti dei libri, potrebbe rendere pubbliche le specifiche del suo formato, così che tutti lo possano implementare anche su altri dispositivi o direttamente sul computer. Al momento Apple non ha alcun interesse a fare una cosa del genere visto che la situazione attuale le permette di controllare tutta la catena: dalla realizzazione del libro con un Mac e iBooks Author, alla sua pubblicazione su iBookstore, alla sua fruizione esclusiva attraverso iPad. Finché Apple si troverà in una posizione dominante (posizione che le consente anche di ottenere determinati accordi con gli editori dei libri di testo scolastici) sarà difficile smuoverla.

Se la diffusione dei tablet Android comincerà a diventare importante (così com’è successo nel settore degli smartphone), tutti inizieranno a guardarsi un po’ intorno, un po’ come successe anni fa con iPod e la musica. Per la musica tutto si è risolto nel migliore dei modi, con l’eliminazione dei DRM e la possibilità di ascoltare ovunque i brani comprati su iTunes: per i libri l’auspicio è che succeda la stessa cosa e che Apple conceda l’apertura del suo formato, perlomeno per la distribuzione gratuita (per la vendita su iBookstore si può anche comprendere che si sia una sorta di rapporto di esclusiva, così come c’è anche sui canali tradizionali tra autore ed editore) oppure che permetta di esportare i libri in ePub 3, sempre per quanto concerne la distribuzione gratuita. Difficile prevedere come andrà a finire, ma la situazione peggiore è quella che non vede alcun cambiamento nella strategia di Apple e che gli editori si trovino a pubblicare due differenti versioni dei loro testi, esattamente come avviene oggi per le applicazioni: si rimarrebbe nell’ipotesi di stallo fatta sopra, ovvero quella per cui un libro digitale realizzato in un formato è proprietario, è più simile ad un software che non ad un libro vero e proprio, cosa assolutamente non auspicabile nell’idea di una libera diffusione della cultura.

Approfondendo ulteriormente il discorso delle dispense: un docente che decidesse di distribuire materiale di studio nel formato iBooks obbligherebbe gli studenti all’utilizzo di iPad (fermo restando la possibilità di iBooks Author di esportare anche in PDF, con i dovuti limiti della multimedialità). Di fatto però già molti corsi universitari distribuiscono lezioni in formato podcast da scaricare attraverso iTunes U (che ora ha un’applicazione dedicata per archiviarli in modo più “ordinato”) e, come accennato sopra, negli USA ci sono alcune scuole che forniscono iPad ai propri studenti come strumento didattico: giusta o sbagliata che sia questa soluzione, resta il fatto che in parte è una soluzione già adottata, quindi sollevare la questione adesso è un po’ come chiudere il cancello del recinto quando i buoi sono già scappati. Viceversa l’esportazione di un formato aperto (o l’apertura parziale del formato iBooks) consentirebbe quantomeno di eliminare il legame con iPad, permettendo a tutti di poter usufruire delle dispense create da iBooks Author anche con altri tablet, se non direttamente dal computer.

Si tratterebbe di una soluzione più che accettabile per la distribuzione gratuita che non penalizzerebbe gli altri tablet ma favorirebbe comunque i tool e il modello di distribuzione ideato da Apple, con conseguente ritorno d’immagine e possibilità di aumentare il mercato di iBookstore. L’eventualità di diventare monopolisti nella distribuzione di libri scolastici digitali, oltre ad essere utopistica, andrebbe sicuramente incontro a provvedimenti da parte dell’antitrust, quindi Apple farebbe bene a trovare la giusta via di mezzo per gestire al meglio questa situazione. Infine, al di là del discorso istruzione, iBooks Author può rappresentare una possibilità per chi ha un libro nel cassetto e non è ancora riuscito a trovare un editore che (a torto o a ragione) sia disposto a credere nella sua idea. L’ autoproduzione di libri non è certo una novità, ma il sistema messo in piedi da Apple semplifica ulteriormente le cose, annulla i costi (ammesso di avere un Mac) e rende possibile la realizzazione immediata anche di quei libri che sono un po’ più complessi di un semplice racconto testuale. Di fatto nemmeno questo sistema è una novità al 100 per cento visto che, restando nel campo delle pubblicazioni digitali, Amazon consente l’autopubblicazione digitale già da diverso tempo , sempre con sistemi più o meno chiusi per la gestione dei diritti che in certe occasioni hanno generato confusione sugli scaffali digitali dedicati al Kindle .

L’entrata in scena di Apple nella vendita di libri ha dapprima cambiato lo scenario (e le percentuali di guadagno) di Amazon, e ora ci si prepara ad una nuova sfida sul fronte dell’autoproduzione: fermo restando che una qualunque di queste scelte si porta dietro problemi DRM. Anzi: se per Amazon c’è qualche possibilità in più di fruizione (con app per i vari tablet e smartphone, o per il computer), per Apple c’è l’ulteriore vincolo di iPad: attualmente i libri realizzati con iBook Author sono formattati ad hoc per iPad e si possono leggere solo col tablet della Mela. In aggiunta a questo, anche i libri venduti sull’iBookstore non si possono leggere né tramite iTunes, né sul Mac, né in altro modo che non sia l’apposita applicazione per iOS, il che è un vincolo troppo forte per immaginare che il futuro dell’editoria digitale si sviluppi in questa direzione.

Per quanto attiene quindi l’autopubblicazione, se lavorare con un editore vero e proprio è cosa totalmente diversa (soprattutto se parliamo di un piccolo editore che collabora direttamente con lo scrittore per una stesura ottimale del libro, o di scrittori di fama che hanno accordi particolari con i grandi editori), è anche vero che il fenomeno della “vanity press” è abbastanza diffuso: iBooks Author, visti tutti i limiti e i vincoli attuali di cui abbiamo parlato sopra non rappresenta al momento nulla di speciale se non l’ennesima alternativa alle possibilità che già esistono. Resta quindi da capire se, passata l’euforia iniziale legata all’effetto novità, il modello di produzione Apple saprà imporsi nel panorama editoriale: o se, invece, iBooks Author non sia destinato a rimanre confinato in una nicchia.

Domenico Galimberti
blog puce72

Gli altri interventi di Domenico Galimberti sono disponibili a questo indirizzo

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il 2 feb 2012
Link copiato negli appunti