Volunia e la gallina liberata

Volunia e la gallina liberata

La metafora del pollaio scelta da Marchiori per spiegare la sua idea. Il risultato suscita qualche perplessità. Navigazione social più search la ricetta del motore di ricerca italiano
La metafora del pollaio scelta da Marchiori per spiegare la sua idea. Il risultato suscita qualche perplessità. Navigazione social più search la ricetta del motore di ricerca italiano

Sarà stato il freddo o il più classico degli inconvenienti dell’ultimo minuto, fatto sta che la conferenza stampa di presentazione del tanto atteso Volunia non comincia con il migliori degli auspici: per una mezz’ora Massimo Marchiori, mente dietro il progetto, intrattiene i suoi uditori (online e nella stanza) con un po’ di ragionamenti sulla filosofia di Volunia , la sua visione quasi “autarchica” dello sviluppo (cervelli italiani, server italiani, connettività italiana), le sue ambizioni. Poi finalmente, risolto un guaio con un videoproiettore che non ne voleva sapere di funzionare, si comincia. E su Twitter piovono i cinguettii, divisi tra entusiasti e perplessi.

Cos’è Volunia: non è un motore semantico, non propone il superamento del Pagerank (algoritmo ideato da Marchiori ma poi perfezionato e sfruttato sapientemente da Page e Brin per Google). Volunia è un search engine, multilingua, del tutto analogo come idea di funzionamento a quelli visti fino a oggi. La differenza è nella struttura che il sito propone: oltre i classici 10 risultati della SERP ( search engine results page ), il crawler del motore scandaglia le risorse Web, ne genera una sitemap che traduce in una mappa grafica navigabile (che denota una certa somiglianza con un vecchio Sim City o con il più moderno Cityville, in perfetto stile pixel-art), ed è anche in grado di estrapolare i contenuti multimediali dalla pagina per essere visualizzati direttamente senza dover caricare le pagine del sito che li contengono.

Fin qui qualche funzione interessante si scorge: ricavare, per esempio, i video contenuti in una pagina può consentire una più approfondita selezione e fruizione degli stessi (con somma pace, però, dei gestori della pagina di destinazione: il meccanismo proposto assomiglia tantissimo al tanto deprecato deep-linking da sempre sconsigliato dalla netiquette, ovvero fruire di materiale altrui senza “restituire” una visita di cortesia). Carina l’idea della mappa visuale, una astrazione di ordine superiore per amplificare la propria visione di un sito, sebbene in virtù del fatto che viene generata automaticamente potrebbe risultare poco efficace o poco rappresentativa nel descrivere una struttura. Ed è proprio questo il principale punto debole dell’idea: Marchiori parla di “volo d’uccello” per scovare rapidamente cosa interessa del sito al navigatore, ma se l’elaborazione grafica non sarà all’altezza il risultato sarà quanto meno insoddisfacente e l’esperienza utente deludente.

Secondo Marchiori, questa debolezza può essere sanata grazie alla collaborazione dei webmaster: che dovrebbero visitare Volunia, rivendicare il proprio sito, e modellare la mappa visuale secondo criteri umani di leggibilità, comprensibilità, navigazione. Posto che lo sforzo possa valere la candela, ovvero che Volunia si trasformi in un autentico crocevia del Web da cui provenga un’enorme mole di accessi tale da giustificare una certa attenzione per il modo in cui questo ennesimo search indicizzi il proprio sito. Da precisare che per il momento Volunia è una beta privata , accessibile solo a un ristretto numero di utenti sorteggiati tra chi ha espresso il proprio interesse alla vigilia. Entro poche settimane dovrebbe essere aperto al pubblico. Inoltre, lo stesso Marchiori lo ha puntualizzato, la sua capacità di indicizzazione non è attualmente pari a quella di altri competitor come Google: il sistema è scalabile, ma non è ancora in grado di competere coi volumi coperti da BigG e compagnia (occorrerà tempo e denaro per arrivarci).

C’è poi il secondo aspetto della tecnologia Volunia da analizzare: il claim del progetto è “seek&meet”, ovvero qualcosa tipo “cerca e incontra”. Oltre alle mappe e all’indicizzazione dei contenuti multimediali, Volunia consente di condividere in tempo reale con gli altri navigatori l’esperienza di navigazione: quindi osservare chi sta cercando cosa, quali pagine visitano gli altri utenti nel sito che si sta navigando, scovare persone con gusti simili, promuovere un contenuto all’interno della propria cerchia di “amicizie”. Chi sta pensando a qualcosa di già visto, per esempio nei vari siti di social bookmarking o con i browser alla Rock Melt e Flock (scomparso la scorsa primavera ), o persino Google+ e Sidewiki (esperimento defunto nel 2011 ), pensa bene: Volunia non fa nulla di molto diverso, se non infilare il Web in un iframe circondato da icone con la propria rete sociale. E lo fa con la grafica di Facebook .

Ed è qui che scattano le maggiori perplessità : una vita a criticare ed emendare l’approccio di Google e Facebook alla privacy, ed ecco un ritrovato della tecnologia che non solo traccia le visite degli utenti, ma le pubblicizza pure ai quattro venti, seguendoli passo passo nel corso della loro navigazione anche dopo che hanno abbandonato la pagina della ricerca. Naturalmente si tratta di funzioni disattivabili , lo ha chiarito lo stesso Marchiori, ma se si toglie la componente social dall’equazione quello che resta basta a giustificare l’abbandono di Google per Volunia? Ci sono altri prodotti che fanno qualcosa di simile in circolazione, e nessuno di questi fino a oggi ha fatto faville o ha cambiato drasticamente il panorama dell’utilizzo del Web: StumbleUpon , Glass , i già citati Flock e Rock Melt, senza trascurare i vari addon ufficiali e non di Google Chrome o Firefox . Volunia dovrà sostenersi economicamente: all’inizio di pubblicità non ce ne sarà, ma è stato anticipato che presto o tardi farà la sua comparsa. In che forma? È scontato che, nonostante i buoni propositi, in un modo o nell’altro andranno monetizzate abitudini e comportamenti degli utilizzatori : clic, ricerche, attività sui siti dopo l’uscita (se così si può definire) dalla pagina della ricerca diventeranno tutti pane per i denti degli inserzionisti. E, come dimostrano ricerche vecchie e nuove, non occorre che un utente sia registrato a un servizio per essere profilato con successo.

L’idea di base di Volunia è: difficile, se non impossibile, superare oggi Google in autorevolezza per quanto attiene l’affidabilità delle ricerche; dunque, come fare a produrre un risultato altrettanto credibile per i navigatori? Alla robustezza dell’algoritmo Pagerank si sostituisce la fiducia nella propria rete di amicizie (reali o virtuali), a cui spetta il compito di effettuare il passaparola sulla bontà di una risorsa Web: in luogo dei link, criterio di indicizzazione e catalogazione di Google, si utilizza la popolarità di un risultato tra gli utenti. Ovvero, si cerca un meccanismo alternativo all’utilizzo dei dati provenienti dai social network (Facebook e Twitter in primis) per amplificare contenuti attuali e popolari tra i navigatori. Analogamente a quanto stanno facendo Google con Google+, Bing che attinge ai dati di Facebook ecc. Con una differenza essenziale: il search Google è utilizzabile al 100 per cento senza registrazione, Volunia presuppone la creazione di un account per fruirne completamente.

Chi si volesse fare la propria idea su com’è andata la conferenza stampa puo dare un’occhiata allo streaming ufficiale e all’ hashtag #volunia che accompagna i commenti. Marchiori ha esordito dicendo “non aspettatevi la Luna”: ma, pur volendo mantenere i nervi saldi e i piedi per terra, non sembra che Volunia offra un’idea o soluzioni innovative. Chi ha seguito la presentazione in diretta non pare essere rimasto molto colpito, l’hashtag #voluniafail offre uno spaccato abbastanza sconfortante: diciamo pure che la metafora delle “galline” assimilate agli utenti della Rete, galline da liberare dalle gabbie di Google e Facebook (probabilmente per essere racchiuse nell’aia di Volunia, che non si capisce cosa abbia di diverso: resta un recinto ) non ha entusiasmato. Tanto più che lo fa con una grafica (in pratica quella Facebook) e un concetto (SideWiki, Flock, e tutte quelle barre per il social browsing e social bookmarking succedutesi in questi anni) tanto somiglianti a quanto già visto in circolazione.

Volunia risponde a una domanda fin qui inespressa del pubblico? Offre una soluzione migliore, per qualità e quantità, rispetto a quelle proposte da Google, Yahoo!, Bing? La risposta a queste domande è probabilmente: no, come dimostrano anche le prime ricerche che circolano in Rete. Volunia è da archiviare senza una seconda occhiata? Nì. Più che una vera e propria startup, come sono state un tempo Twitter o Google stessa, Volunia sembra un progetto universitario che, come quasi mai accade in Italia, fa un passo oltre il puro esercizio di stile in stile “non finito michelangiolesco” che tanto è comune nell’accademia del Belpaese. Ci sono dentro idee e risorse italiane , il progetto è riuscito a sfruttare più o meno sapientemente attesa dei navigatori e media per amplificare la propria eco sui mezzi di comunicazione. Il comunicato stampa ha fatto il giro del mondo . La parte più stonata è forse stata proprio la presentazione: un po’ datata nei modi e nei toni.

Massimo Marchiori è consapevole che dal 1998 a oggi, anno in cui venne richiesto il brevetto del Pagerank di Google, il mondo è andato avanti? Non si può pretendere che una startup lanci un prodotto con la stessa raffinatezza di Google, Microsoft, Apple, Virgin: ma una conferenza stampa frontale preceduta dall’intervento di un paio di esponenti “politici”, con alcune metafore scelte per raccontare il progetto non proprio felici, pensata per un pubblico mondiale ma realizzata tutta in italiano senza traduzione, con qualche problema tecnico all’esordio, non sono propriamente il miglior biglietto da visita . Volunia è un search engine, sviluppato negli ultimi tre anni, che piazza sopra la pagina dei risultati uno strato social non molto differente da quanto già visto in circolazione. Che basti per decretarne il successo o l’insuccesso è presto per dirlo: di sicuro non si è trattato del miglior debutto della storia dell’informatica.

Luca Annunziata

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Pubblicato il 6 feb 2012
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