Pakistan, il grande filtro sul web

Pakistan, il grande filtro sul web

Proposto un imponente meccanismo automatico di blocco degli indirizzi pericolosi per la sicurezza nazionale e la morale religiosa. Un'architettura modulare che colpisca fino a 50 milioni di URL contemporaneamente
Proposto un imponente meccanismo automatico di blocco degli indirizzi pericolosi per la sicurezza nazionale e la morale religiosa. Un'architettura modulare che colpisca fino a 50 milioni di URL contemporaneamente

Avevano già accarezzato la concreta possibilità di bloccare lo scambio di SMS pericolosi per l’integrità sociale e la sicurezza nazionale. Le autorità del Pakistan hanno ora diramato una specifica proposta per l’implementazione di un gigantesco meccanismo di filtraggio dei più svariati spazi online .

Una richiesta che ha subito allarmato gli attivisti della Rete, in particolare quelli legati all’organizzazione statunitense Electronic Frontier Foundation (EFF). L’ingranaggio della censura pakistana vorrebbe coinvolgere tutti quei siti giudicati pericolosi, per la morale religiosa o per combattere il terrorismo internazionale .

I filtri imposti dal governo locale sarebbero di quelli imponenti, ovvero capaci di oscurare l’intero ecosistema digitale in terra asiatica. L’architettura modulare della proposta andrebbe ad implementare una serie di dispositivi hardware capaci di far sparire fino a 50 milioni di URL contemporaneamente , a velocità di esecuzione non superiori al millisecondo.

Erano state numerose associazioni per i diritti civili a bloccare sul nascere il tentativo di obbligare i vari operatori in Pakistan a filtrare tutti gli SMS contenenti parole proibite. Il nuovo piano di blocco dei siti web potrebbe ora partire in via sperimentale nelle principali città, da Karachi e Lahore fino a Islamabad.

Un sistema automatizzato per il filtraggio degli spazi online andrebbe dunque a sostituire le precedenti impostazioni manuali ordinate ai singoli provider. Gli stessi ISP si erano più volte lamentati perché impossibilitati a bloccare manualmente i singoli siti a mezzo DNS . Gli attivisti hanno ora scritto al governo pakistano per esprimere il proprio dissenso.

E c’è chi lotta da tempo contro certe pressioni esercitate dai governi asiatici. Pare che quello indiano sia pronto a costruire un centro da quasi 12 milioni di euro, adibito totalmente al monitoraggio del traffico web e in particolare al controllo delle principali piattaforme social come Twitter e Facebook .

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
1 mar 2012
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