Microsoft arma gli States contro il pedoporno

Microsoft arma gli States contro il pedoporno

Le autorità statunitensi avranno libero accesso alla tecnologia sviluppata da BigM per la lotta allo sfruttamento sessuale dei minori. PhotoDNA permetterà di individuare soggetti coinvolti tramite la biometria
Le autorità statunitensi avranno libero accesso alla tecnologia sviluppata da BigM per la lotta allo sfruttamento sessuale dei minori. PhotoDNA permetterà di individuare soggetti coinvolti tramite la biometria

Era il dicembre del 2009 quando un team di ricercatori Microsoft svelava PhotoDNA, tecnologia per il tracciamento di mappe accurate delle dinamiche legate alla pedopornografia online . Realizzato con la collaborazione della software company svedese NetClean, lo strumento di riconoscimento delle immagini è stato ora messo a disposizione – in maniera del tutto gratuita – degli ufficiali di polizia in terra statunitense.

Le autorità a stelle e strisce saranno così in grado di associare determinate immagini pedopornografiche a quelle già presenti nei propri database. Sviluppato con un gruppo di ricercatori del Dartmouth College , il software offerto da PhotoDNA sfrutta un approccio molto simile al riconoscimento facciale, abbinato ad un sistema biometrico per analizzare le immagini.

Stando ai vertici di BigM, la tecnologia di PhotoDNA riesce a catturare degli elementi identificativi di una fotografia a sfondo pedopornografico. I tratti individuati nelle immagini vengono dunque trasformati in specifici hash somatici per individuare i soggetti rappresentati . Una risorsa preziosa per gli agenti della Sicurezza Nazionale o del Federal Bureau of Investigation .

Il colosso di Redmond ha così messo a disposizione il codice sorgente per l’integrazione del tool PhotoDNA Analyze nei vari strumenti già a disposizione delle agenzie di polizia per la lotta allo sfruttamento sessuale dei minori. E la tecnologia svelata da Microsoft è stata già sperimentata dal National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC) e dal social network Facebook.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
20 mar 2012
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