La robomedusa che va a idrogeno

La robomedusa che va a idrogeno

Un team di ricercatori statunitensi mima il movimento dell'essere molliccio per antonomasia grazie a materiali specificatamente ingegnerizzati e all'idrogeno. L'obiettivo finale è rendere il robot autosufficiente
Un team di ricercatori statunitensi mima il movimento dell'essere molliccio per antonomasia grazie a materiali specificatamente ingegnerizzati e all'idrogeno. L'obiettivo finale è rendere il robot autosufficiente

Ricercatori del Virginia Tech e dell’Università del Texas si sono inventati la “robomedusa”, un robot capace di muoversi autonomamente grazie alla reazione di idrogeno e ossigeno. L’obiettivo finale è fare sì che la macchina sia in grado di autoalimentarsi (teoricamente all’infinito) in un ambiente sottomarino raccogliendo da sola l’idrogeno.

Per ora la robomedusa si limita ad ospitare il carburante (ossigeno e idrogeno) in contenitori separati, e a sfruttare la spinta termica generata dalla reazione chimica tra i due elementi per muoversi in acqua. Il calore viene passato a una speciale lega a memoria di forma formata da nichel e titanio, in grado di deformarsi e poi ritornare alla sua forma originaria spingendo il robot in avanti.

In confronto alla capacità elastica della medusa in carne e cartilagine, l’efficienza del movimento della robomedusa non è granché (una deformazione del 14,5 per cento della cintura di silicone collegata alla lega a memoria di forma contro il 42 per cento della medusa).

La cosa importante, per il momento, è che la robomedusa sia in grado di muoversi autonomamente: qualora i ricercatori riuscissero a ideare un sistema di alimentazione capace di servirsi dell’idrogeno naturalmente disciolto nell’acqua, il robot potrebbe essere impiegato per il monitoraggio oceanico o anche per la sorveglianza discreta delle acque blu.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
22 mar 2012
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