Confermato, a Foxconn si lavora male

Confermato, a Foxconn si lavora male

Fair Labour Association lo scrive nero su bianco. L'appaltatore di Apple e molte altre aziende di elettronica non rispetta neppure le leggi sul lavoro in vigore in Cina
Fair Labour Association lo scrive nero su bianco. L'appaltatore di Apple e molte altre aziende di elettronica non rispetta neppure le leggi sul lavoro in vigore in Cina

Orari di lavoro, buste paga e sicurezza. Sono questi i punti più critici che emergono dall’ inchiesta effettuata dalla Fair Labour Association (FLA) sulle condizioni di lavoro dei dipendenti Foxconn, una delle aziende (forse la più nota) appaltatrici di Apple.

Cupertino aveva chiesto a FLA, un’organizzazione che si occupa della tutela e del miglioramento delle condizioni dei lavoratori, di indagare sui suoi appaltatori cinesi. Gli ispettori di FLA hanno intervistato 35mila dipendenti , hanno effettuato dei sondaggi di opinione e hanno controllato le buste paga e i programmi di produzione. In totale, hanno trascorso nelle fabbriche di Guanlan, Longhua e Chengdu, tremila ore.

Il quadro finale della situazione è tutt’altro che roseo . Nel rapporto si legge che sono state rilevate oltre cinquanta gravi violazioni delle norme FLA e che non vengono rispettate nemmeno le leggi che regolano il diritto del lavoro in Cina.

In particolare, le questioni principali osservate sono poco meno di una dozzina. Innanzi tutto, nell’ultimo anno in tutte e tre le fabbriche supervisionate, le ore di lavoro hanno superato il limite FLA di 60 ore a settimana , così come il limite legale cinese di 40 ore: molti operai hanno dichiarato di aver lavorato per sette giorni di seguito, saltando, di fatto, il giorno settimanale di riposo. In alcuni casi i giorni di lavoro consecutivi sono stati undici. Tuttavia, il 48 per cento dei dipendenti ha affermato che gli orari di lavoro sono ragionevoli e ben il 33,8 per cento ha dichiarato che lavorerebbe volentieri di più per poter avere un guadagno maggiore.

Una scelta sicuramente dettata dal fatto che il 64 per cento degli operai ha spiegato che il salario non è sufficiente per “soddisfare i bisogni primari”: lo stipendio medio nelle tre aziende è: 269 euro a Chengdu, 320 euro a Longhua e 342 a Guanlan. I sindacati esistono, ma l’adesione è sopratutto a livello manageriale e la maggior parte degli operai non sa nulla della loro esistenza. Non solo. I dipendenti non sono nemmeno a conoscenza dei comitati di igiene e sicurezza. In sostanza, si legge nel rapporto, non c’è “una vera rappresentanza dei lavoratori”: di qui, la difficoltà di far valere eventuali richiese salariali. Inoltre, il 14 per cento degli operai non riceve un equo compenso per gli straordinari , i quali vengono calcolati ogni 30 minuti. Questo significa che se un dipendente lavora 29 minuti, non gli sarà riconosciuto il lavoro svolto in più.

Solo il 4 per cento dei lavoratori Foxconn è sotto i 18 anni (in Cina l’età minima per iniziare a lavorare è 16 anni). Tuttavia questi giovanissimi operai lavorano spesso in aree pericolose , dove sono esposti ad agenti chimici come la polvere di alluminio. Non a caso, più del 43 per cento dei dipendenti ha subito o è stato testimone di un incidente sul lavoro. Moltissime le mancanze sulla sicurezza riscontrate dagli ispettori: porte bloccate, impianti di areazione inadeguati, licenze non rilasciate.

Tornando, infine, alle questioni di rappresentanza, dare le dimissioni è “estremamente difficile” e molti lavoratori, semplicemente, smettono di presentarsi. FLA poi ha chiesto esplicitamente che la pratica di pubblicare sul sito web dell’azienda i nomi dei lavoratori sottoposti a provvedimenti disciplinari cessi immediatamente.

Alla luce dei risultati del rapporto, Foxconn ha promesso che osserverà sia le leggi del lavoro in Cina che le norme di FLA (difficile pensare che Apple non abbia fatto pressioni in tal senso). In particolare, ridurrà gli orari di lavoro entro luglio 2013, mantenendo lo stipendio invariato e, per non danneggiare la produzione, assumerà migliaia di nuovi dipendenti . Inoltre l’azienda ha affermato che pagherà gli straordinari arretrati, adatterà i salari al costo della vita in Cina, migliorerà le condizioni di sicurezza e la qualità degli alloggi e della mensa.

“Se attuate, queste promesse potrebbero migliorare in modo significativo le vite di oltre 1,2 milioni lavoratori Foxconn e impostare un nuovo standard per le fabbriche cinesi” ha dichiarato Auret van Heerden, presidente e CEO di FLA. L’Associazione ha assicurato che continuerà a monitorare Foxconn almeno fino al prossimo anno. E non è improbabile che anche Apple continui a tenere i riflettori puntati sulla questione, non potendosi permettere di mancare agli standard di trasparenza che si è auto-imposta: “Apprezziamo il lavoro che FLA ha svolto per valutare le condizioni di lavoro della Foxconn e sosteniamo pienamente le loro raccomandazioni – ha dichiarato Apple – Il nostro team ha lavorato per anni per educare gli operai, migliorarne le condizioni e rendere la catena di fornitura dell’azienda un modello per l’industria. È per questo motivo che abbiamo chiesto a FLA di condurre queste verifiche”.

Tuttavia, questa nuova politica aziendale di Foxconn potrebbe influire sui costi complessivi di produzione: a oggi non è possibile escludere che a cascata questi possano influire sul prezzo finale dei device realizzati. Resta da comprendere, infatti, se Foxconn provvederà agli aumenti salariali tagliando sui propri margini, o se imporrà prezzi più alti ai committenti: in quest’ultimo caso, Apple e le altre aziende che usufruiscono dei suoi servizi potrebbero decidere di far pagare ai clienti il rincaro dei prezzi alla fonte, in una spirale negativa che di sicuro non farebbe felici i consumatori occidentali costretti a pagare di più per i propri gadget tecnologici.

Il rapporto di FLA è stato pubblicato proprio mentre Tim Cook è in viaggio in Cina. Il CEO di Apple ha visitato la sede Foxconn a Zengzhou, dove lavorano 120mila persone. Probabilmente la visita di Cook non è stata un caso: forse consapevole che l’inchiesta di FLA avrebbe dato risultati negativi, si è voluto dimostrare attento ai problemi dei lavoratori cinesi.

E nel frattempo gli iPad bruciano in piazza . Non si tratta comunque della protesta dei dipendenti Foxconn, ma di una festa che si svolge ogni anno in Cina: per celebrare i defunti si dà fuoco a simulacri dei beni terreni che potrebbero interessare ai propri cari nell’aldilà. E, a quanto pare, si pensa che quest’anno l’oggetto del desiderio dei defunti siano proprio i prodotti della Mela.

Gabriella Tesoro

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Pubblicato il 30 mar 2012
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