Diablo III e il Terrore delle cause legali

Diablo III e il Terrore delle cause legali

Blizzard rischia di finire davanti al giudice in Francia, Germania e Corea del Sud per fronteggiare i consumatori imbufaliti per l'obbligo di connessione. Nel frattempo le "imprese" in-game registrano il primo kill di Diablo in modalità hardcore
Blizzard rischia di finire davanti al giudice in Francia, Germania e Corea del Sud per fronteggiare i consumatori imbufaliti per l'obbligo di connessione. Nel frattempo le "imprese" in-game registrano il primo kill di Diablo in modalità hardcore

Diablo III sempre più nella bufera: dopo il caotico e problematico debutto del blockbuster videoludico che richiede una connessione permanente a Internet anche per giocare in modalità single-player, Blizzard Entertainment deve ora fare i conti con la prospettiva di cause legali nei tribunali in giro per il mondo.

Si lamentano i consumatori, si lamentano le relative associazioni e intervengono le organizzazioni a difesa del diritto del cliente in Francia, Germania e la Starcraft-maniaca Corea del Sud: l’assalto transalpino alle protezioni DRM always-on di Blizzard parte su iniziativa dell’associazione Que Choisir che, dopo aver ricevuto oltre 1.500 lamentele in 4 giorni in merito ai problemi di connessione ai server di Diablo III, ha chiesto alla società statunitense di risolvere definitivamente il problema entro due settimane.

In caso contrario, Que Choisir sarà probabilmente incentivata a denunciare formalmente Blizzard alle autorità transalpine. Un evento estremamente probabile visto che l’accessibilità di un server online non può essere garantita in maniera permanente a meno di avere poteri divini dalla propria parte.

Il gruppo tedesco VZVB, d’altro canto, ha chiesto alla software house californiana di modificare la scatola del gioco indicando in maniera esplicita l’obbligatorietà della connessione a Internet: le copie di Diablo III già vendute dovranno essere richiamate per procedere alla modifica.

Passando dall’Europa all’Asia, la situazione legale di Blizzard si fa se possibile ancora più problematica: l’intenzione di aprire una casa d’aste in-game funzionante con denaro reale ha spinto le autorità della Corea del Sud a mettere al bando la vendita e il commercio di oggettistica in-game, mentre dopo il sequestro dei documenti seguito alle lamentele dei giocatori anche per la Corea si prospetta la possibilità dell’ obbligo di risarcire chi non ha potuto accedere ai server sovraccaricati del gioco.

Le protezioni DRM sono dannose e inutili, soprattutto quando sono vincolate alla connessione Internet: lo ripete anche il CEO della casa polacca CD Projekt Marcin Iwinski (The Witcher, The Witcher 2 e il futuro CyberPunk), secondo la cui opinione Diablo III avrebbe dovuto avere una modalità di gioco totalmente offline , con personaggi salvati sul PC dell’utente e non sui server remoti.

Vero è che, nonostante i problemi di connessione, lag e inaccessibilità dei server, c’è chi Diablo III lo gioca e lo porta a compimento anche in modalità “estreme”: il giocatore canadese Kripparrian e il suo compagno di gioco Krippi hanno eliminato il boss finale del gioco (il risorto Diablo, appunto) al massimo livello di difficoltà (Inferno) e in modalità hardcore (dove l’eventuale morte di un personaggio è permanente).

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 22 giu 2012
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