Megaupload, il sequestro non era valido

Megaupload, il sequestro non era valido

L'Alta Corte neozelandese stabilisce che il mandato di perquisizione ordinato dai federali statunitensi è stato troppo generico e privo di accuse specifiche. Illecito anche il trasferimento degli hard drive appartenenti al boss Dotcom
L'Alta Corte neozelandese stabilisce che il mandato di perquisizione ordinato dai federali statunitensi è stato troppo generico e privo di accuse specifiche. Illecito anche il trasferimento degli hard drive appartenenti al boss Dotcom

“Notizie stupende oggi!”, uno degli ultimi cinguettii su Twitter della dolce metà dell’imperatore del file hosting. L’Alta Corte neozelandese ha da poco stabilito che il mandato di perquisizione (e conseguente sequestro) ordinato dai federali statunitensi non è mai stato valido.

Tornando indietro di circa cinque mesi, gli agenti del Federal Bureau of Investigation (FBI) – insieme al Dipartimento di Giustizia statunitense – lanciavano i roboanti elicotteri per accerchiare Dotcom nella sua villa agli antipodi. Con un mandato di perquisizione che avrebbe portato al sequestro di beni fisici, attrezzature informatiche e tanti milioni di dollari congelati in banca .

Ora, il giudice Helen Winkelmann stabilisce che quel preciso mandato non era valido. Ovvero affetto da un irrimediabile vizio formale, perché gli agenti statunitensi non hanno mai davvero spiegato i motivi alla base del raid. In altre parole, le azioni compiute ai danni di Kim Dotcom non sarebbero supportate da “accuse precise”: il mandato è troppo “generico” per essere considerato valido .

Una decisione che piove come una bomba sul palcoscenico del legal thriller del 2012. Secondo il giudice Winkelmann, la tipologia di mandato sfruttata dagli States andrebbe a sequestrare beni rilevanti e irrilevanti, proprio perché eccessivamente generica e dunque troppo estesa. Il Bureau avrebbe poi compiuto un secondo passo falso, non avendo il diritto di trasferire in patria numerosi hard drive appartenenti al boss dei cyberlocker .

“È molto contento”. Sono le uniche dichiarazioni rilasciate da un portavoce di Dotcom alla stampa. Il founder di Megaupload sembra ricevere incoraggiamenti da ogni dove. A partire da Steve Wozniak, che ha sottolineato come la piattaforma di file hosting venisse sfruttata da milioni di utenti per fini totalmente legali. “Quello che hanno fatto alla sua vita è semplicemente ridicolo”, ha spiegato.

Ma Dotcom non appariva eccessivamente preoccupato per la sua sorte nei giorni scorsi: in ammollo vestito, supportato da abbracci cinguettati anche da parte del leggendario hacker Kevin Mitnick: “Spero che tu vinca! Non lasciare che ti pieghino. Ecco una canzone che con me ha funzionato”. Il brano è di Tom Petty e si chiama I won’t back down .

L’ipotesi che il boss di Megaupload possa piegarsi proprio adesso appare decisamente remota. Ora che l’intero impianto accusatorio degli States sembra vibrare come un castello di carte. Ma cosa succederà adesso? I legali di Dotcom stanno studiando la prossima mossa, probabilmente l’ennesimo contropiede legale per far cadere il processo. La seduta per l’estradizione rimane fissata per gli inizi del prossimo agosto. Intanto, il founder di Megaupload dovrà ritornare in possesso di tutti i beni sequestrati nel corso del raid che aveva sconvolto il pianeta del file hosting.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
28 giu 2012
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