Google: niente paghetta per i pirati

Google: niente paghetta per i pirati

Per combattere la condivisione illecita dei contenuti bisognerebbe far saltare tutti i ponti che partono dalla pubblicità e arrivano ai siti pirata. E' la tesi di un report commissionato da BigG nella lotta alle mele marce del copyright
Per combattere la condivisione illecita dei contenuti bisognerebbe far saltare tutti i ponti che partono dalla pubblicità e arrivano ai siti pirata. E' la tesi di un report commissionato da BigG nella lotta alle mele marce del copyright

Seguire l’odore dei soldi per combattere la pirateria digitale? È la tesi sostenuta da Google in un report pubblicato con il collettivo britannico PRS for Music , commissionato alla società d’analisi BAE Systems Detica per un’immersione tra i fondali delle varie piattaforme votate alla condivisione illecita dei contenuti protetti dal copyright.

Centinaia di siti web indicati tra i paradisi pirata dai detentori dei diritti, studiati in massa da BAE Systems Detica per ottenere dati utili sulla loro effettiva pericolosità. Volume complessivo di visitatori unici, indirizzi IP, fonti di sostentamento, formati audiovisivi preferiti .

Qual è allora l’arma più efficace per combattere la pirateria online? “Bisogna seguire la scia del denaro”, si legge in un post sul public policy blog di Google. Ovvero schiacciando le principali fonti di sostentamento dei siti pirata. Facendo saltare i ponti finanziari che partono dalla pubblicità e dagli abbonamenti premium degli utenti .

Stando alle osservazioni del report commissionato da BigG, un terzo delle piattaforme pirata è rappresentato da quei siti di streaming gratuito che offrono ai netizen la possibilità di guardare liberamente film e programmi televisivi . La vendita di musica non autorizzata avrebbe invece subito un declino inesorabile in termini di utenti.

“Come combattere al meglio questa minaccia? Al posto di imporre blocchi o filtri che potrebbero danneggiare le libertà fondamentali, i governi dovrebbero costruire coalizioni con i network pubblicitari – si legge nel post di Google – così come con le società di credito e gli stessi titolari dei diritti”.

La stessa azienda di Mountain View ha già dichiarato aperta la caccia alle “mele marce” del diritto d’autore, pur restando nella scomoda posizione di intermediario tra le pressanti esigenze dell’industria e i diritti invocati dagli utenti per il libero accesso alle varie piattaforme del web.

Sempre secondo il report di BigG, l’86 per cento delle società pubblicitarie legate ai siti pirata non sarebbe iscritto agli specifici organi di auto-regolamentazione in terra britannica. Non seguendo affatto i vari codici di condotta adottati dall’industria dell’ advertising per evitare di rifornire i pirati della Rete.

Mauro Vecchio

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Pubblicato il
5 lug 2012
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