Censura in rete: mai come oggi

Censura in rete: mai come oggi

Lo denuncia uno studio di Privacy International, secondo cui il controllo delle comunicazioni e le limitazioni all'uso di Internet crescono di pari passo. Processo a USA e UK
Lo denuncia uno studio di Privacy International, secondo cui il controllo delle comunicazioni e le limitazioni all'uso di Internet crescono di pari passo. Processo a USA e UK


Roma – Silenced , “silenziato”, è il nome più che azzeccato di un nuovo allarmante rapporto di Privacy International sulla censura e il controllo di Internet. Uno studio che ribadisce e aggrava diffuse preoccupazioni sul futuro delle libertà digitali.

Negli ultimi due anni, secondo la celebre organizzazione che difende il diritto alla riservatezza e alla libera comunicazione elettronica, nei 50 paesi monitorati la crescita delle attività di monitoraggio e controllo del traffico dati su Internet è andata di pari passo con l’aumento delle operazioni di censura. E a guidare un nuovo orientamento contrario alla libera circolazione delle idee sono due paesi un tempo paladini della free internet : Regno Unito e Stati Uniti d’America.

Secondo Privacy International, infatti, le novità legislative introdotte dai due paesi dopo l’11 settembre hanno portato a quello che il rapporto definisce “attacco globale” alla libertà di parola. Londra e Washington, cioè, avrebbero fallito la missione di posizionarsi come “pietre di paragone” per lo sviluppo della libertà di espressione e avrebbero invece giustificato pesanti azioni di censura e controllo in atto in molti altri paesi. Come noto, d’altra parte, tanto nell’uno quanto nell’altro paese, negli ultimi due anni sono state approvate numerose normative che ampliano i poteri delle forze dell’ordine sacrificando la Privacy sull’altare della Sicurezza.

La verità, comunque, è che la censura e le attività di monitoraggio della rete si sono ormai diffuse a livello planetario, con alcuni paesi in cima ad una conseguente triste classifica, quella dove conviene non collegarsi ad internet . “In Cina e a Burma, per esempio – si legge nell’abstract del rapporto – il livello di controllo è tale che internet ha un valore decisamente molto ridotto come medium per la libera espressione e il suo uso potrebbe invece creare pericoli aggiuntivi sul piano personale per gli attivisti”.

Altre note dolenti riguardano il trasferimento dai paesi più avanzati ai paesi in via di sviluppo di tecnologie di controllo , come i materiali per l’intercettazione delle comunicazioni digitali e la decifratura. “Il trasferimento di tecnologie di sorveglianza dal primo al terzo mondo – si legge nel rapporto – è ora un colossale business che corre parallelo a quello degli armamenti. Senza queste tecnologie è improbabile che regimi non-democratici avrebbero potuto imporre gli attuali livelli di controllo sulle attività internet”.

Ma se aumentano le operazioni di indagine e controllo diminuisce, al contempo, la trasparenza dei governi, laddove internet era a suo tempo vista come “grimaldello” capace di offrire nuovo e più ampio accesso dei cittadini ad informazioni dirette sulle attività governative. Ne discenderebbe una minor fiducia in Internet.

L’intero rapporto è disponibile a questo indirizzo:
http://www.privacyinternational.org/survey/censorship/

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Pubblicato il
22 set 2003
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