USA, la beffa dei cellulari rubati

USA, la beffa dei cellulari rubati

La polizia di New York gestirebbe un database ricco di dati relativi ai telefoni rubati, comprensivo di chiamate effettuate e ricevute. Anche precedenti rispetto al furto
La polizia di New York gestirebbe un database ricco di dati relativi ai telefoni rubati, comprensivo di chiamate effettuate e ricevute. Anche precedenti rispetto al furto

Un enorme database gestito dal New York City Police Department (NYPD) colmo di dettagli relativi alle chiamate degli utenti che denunciano il furto del proprio telefono cellulare. Nulla di strano apparentemente, se non fosse che molti dei dati collezionati dalla polizia d’Oltreoceano risultano del tutto inutili alla conduzione delle indagini e alla cattura dei ladri.

La notizia è stata riportata dal New York Times , che spiega come i dati relativi alle chiamate effettuate dai cellulari rubati siano integrate in un database chiamato Enterprise Case Management System . Ogni numero di telefono è collegato all’insieme dei dati d’archivio per permettere ai detective di effettuare controlli incrociati.

Le occorrenze non riguardano esclusivamente le chiamate che il ladro potrebbe compiere dall’apparecchio sottratto, ma includono anche le chiamate da e verso la vittima compiute il giorno del furto. Non solo, in caso di trasferimento del numero telefonico le registrazioni possono comprendere le chiamate effettuate da e verso il nuovo cellulare dell’utente . Una notizia che ha allertato i gruppi in difesa della privacy, preoccupati dell’archiviazione di dati che non sono attinenti alle attività investigative.

“Se una grande quantità di tabulati telefonici delle vittime sono stati raccolti e inseriti in un database consultabile, è molto preoccupante”, afferma Michael Sussmann, legale di alcune compagnie telefoniche. Critiche sono state mosse anche da Norman Siegel, avvocato per i diritti civili, secondo il quale la pratica di accumulare i numeri di telefono in un database consultabile è “allarmante”. Secondo Siegel, infatti, non vi sarebbe alcuno scopo legittimo per portare avanti una simile attività.

Cristina Sciannamblo

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Pubblicato il
5 dic 2012
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